György Lukács

Da LogicaUnitaria.

György Lukács (Budapest, 13 aprile 1885 – Budapest, 4 giugno 1971) è stato un filosofo e critico letterario ungherese.

Le riflessioni di Lukács si sono orientate a liberare il marxismo dalle interpretazioni dogmatiche: il marxismo umanistico proposto in Storia e coscienza di classe (1923) ha influenzato sia gli esistenzialisti francesi sia la scuola di Francoforte. Questa visione umanistica del marxismo affronta il problema del metodo dialettico e dell'alienazione dell'uomo nella società capitalistica.

Laureatosi in legge nel 1906 e in filosofia nel 1909, si trasferì a Berlino per seguire, con l'amico Ernst Bloch le lezioni private di Simmel: si interessò al neocriticismo e allo storicismo di Weber e di Dilthey, e a Heidelberg ascoltò, dal 1912 al 1914, le lezioni di Windelband e di Rickert. Anche lo studio di Kierkegaard fu importante per la formazione culturale del giovane Lukács: «negli ultimi anni dell'anteguerra a Heidelberg intendevo addirittura occuparmi della sua critica a Hegel in un saggio monografico» (G. Lukács, prefazione a Storia e coscienza di classe, 1967).

La svolta marxista: «Storia e coscienza di classe»

"Si percepisce sempre a partire da una teoria " (György Lukács, "Storia e coscienza di classe", 1923)

Gli studi su Karl Marx, ripresi durante questo periodo per «andare al di là del radicalismo borghese», erano accompagnati dall'influsso del sindacalismo rivoluzionario di Georges Sorel, al quale era stato indirizzato dal socialista ungherese Ervin Szabó, dalla conoscenza degli scritti di Rosa Luxemburg, oltre che dalla sua formazione avvenuta sotto il segno di Kierkegaard, dei «filosofi della Vita» e di Hegel: «da tutto ciò derivava un amalgama internamente contraddittorio nella teoria, che doveva diventare decisivo per il mio pensiero negli anni della guerra e del primo dopoguerra».

Iscrittosi al Partito comunista ungherese, nella Repubblica sovietica instaurata da Béla Kun con la rivoluzione del 1919 assume le cariche di commissario all'istruzione e di commissario politico della quinta divisione rossa. La repressione della Repubblica lo costringe a fuggire a Vienna, dove viene arrestato con la minaccia dell'estradizione. Liberato grazie all'intervento di intellettuali - tra i quali Thomas Mann - può continuare a vivere a Vienna, allora un crocevia internazionale di esponenti comunisti, dove collabora alla rivista «Kommunismus», organo dei comunisti di sinistra della III Internazionale e scrive i saggi che furono poi riuniti e pubblicati a Berlino nel 1923 con il titolo di Geschichte und Klassenbewusstsein. Studien über marxistische Dialektik (Storia e coscienza di classe. Studi sulla dialettica marxista). L'opera è composta dagli scritti Che cos'è il materialismo ortodosso? (marzo 1919), Rosa Luxemburg marxista (gennaio 1921), Coscienza di classe (marzo 1920), La reificazione e la coscienza del proletariato, Il mutamento di funzione del materialismo storico, Legalità e illegalità (luglio 1920), Osservazioni critiche sulla Critica della rivoluzione russa di Rosa Luxemburg e dalle Considerazioni metodologiche alla questione dell'organizzazione. Copertina dell'edizione tedesca

Come indica il sottotitolo, i saggi di Storia e coscienza di classe affrontano il problema del metodo del marxismo, che si fonda essenzialmente sulla dialettica. Per Lukács, vi è una fondamentale differenza tra il metodo delle scienze che studiano la natura e il metodo dialettico di Marx, che si applica invece alla realtà sociale: il metodo delle scienze della natura «non conosce alcuna contraddizione, alcun antagonismo nel proprio materiale». Quando sorgessero contraddizioni, sarebbe il segno dell'esistenza di errori nella comprensione scientifica da superare successivamente con una più precisa ricerca scientifica: «in rapporto alla realtà sociale, invece, queste contraddizioni non sono segni di una comprensione scientifica ancora imperfetta, ma appartengono piuttosto inseparabilmente all'essenza della realtà stessa, alla essenza della società capitalistica». Esse sono contraddizioni necessarie, espressioni del fondamento antagonistico di questo ordinamento sociale, e possono essere superate realmente - non tanto nel pensiero - solo nel corso dello sviluppo sociale.

La separazione operata tra metodo dialettico marxiano e scienze della natura porta Lukács a criticare il tentativo fatto da Friedrich Engels di estendere, «seguendo il falso esempio di Hegel», il metodo dialettico alla conoscenza della natura: «nella conoscenza della natura non sono presenti le determinazioni decisive della dialettica: l'interazione tra soggetto e oggetto, l'unità di teoria e prassi, la modificazione storica del sostrato delle categorie [economiche] come base della loro modificazione nel pensiero».Da questo punto di vista egli epura l'impostazione marxista di Engels da elementi positivistici-darwinisti, rileggendo il marxismo attraverso una analisi della dialettica Hegel. In questo senso la sua torsione speculativa di questi anni è profondamente leninista, cioè nel tentativo di rileggere il concetto di rivoluzione attraverso quello di soggetto rivoluzionario (partito). In questo senso bisognava leggere Marx, partendo dall'esperienza dell'evento della rivoluzione d'ottobre.

Una corretta analisi del processo storico non può prescindere dalla categoria della totalità: la realtà non si presenta mai come un insieme disaggregato di fatti. Nell'analizzare la totalità sociale è certamente necessario isolare singoli elementi, ma occorre intendere «questo isolamento soltanto come mezzo per la conoscenza dell'intero». Allo stesso modo, anche il soggetto della conoscenza deve essere una totalità: «L'economia classica e ancor più i suoi volgarizzatori hanno sempre considerato lo sviluppo capitalistico dal punto di vista del capitalista singolo e si sono perciò avviluppati in una serie di contraddizioni insolubili e di problemi apparenti»; questo individualismo metodologico appartiene anche ai revisionisti del marxismo come Bernstein, Tugan-Baranovskij o Bauer, privi della categoria della totalità: «all'individuo il suo mondo circostante, il suo milieu sociale [...] appare necessariamente come qualcosa di brutale, di insensato e di fatale, che gli resta per sempre estraneo nella sua essenza». Con questi presupposti, come non è più possibile conoscere la realtà, così è impossibile modificarla e questi marxisti possono solo postulare una trasformazione etica dell'uomo e utilizzare le «leggi» assunte fatalisticamente nella loro presunta immodificabilità.

Secondo Lukács, il soggetto, inteso come totalità, in grado di afferrare e penetrare la totalità che costituisce la realtà è la classe sociale: «soltanto la classe può penetrare mediante l'azione la realtà sociale e modificarla nella sua totalità [...] il proletariato come soggetto del pensiero della società lacera in un colpo solo il dilemma dell'impotenza: il dilemma tra il fatalismo delle leggi pure e l'etica della pura intenzione».

Citando Marx - «il proletariato esegue la condanna che la proprietà privata infligge a se stessa producendo il proletariato» - Lukács deduce la «coscienza di classe» come la verità del processo storico «come soggetto», come consapevolezza del processo dialettico che richiede, nei momenti di crisi dello sviluppo storico, l'azione pratica, organizzata dal partito politico, il quale è la «forma della coscienza proletaria di classe».[23] La coscienza di classe viene definita da Lukács anche l'etica del proletariato, l'unità della sua teoria e della sua prassi, ma in definitiva essa rimane un concetto astratto: Lukács stesso criticherà poi la sua esposizione come idealistica e la conversione della coscienza in prassi rivoluzionaria «come un puro e semplice miracolo».

Un'analisi approfondita viene compiuta da Lukács sul problema della reificazione (Verdinglichung, il diventare una cosa), sviluppato nel saggio La reificazione la coscienza del proletariato, il cui spunto è dato dalle pagine dedicate da Marx ne Il Capitale sul carattere di feticcio della merce e la trasformazione, che avviene soltanto nella coscienza umana, dei rapporti sociali, che intercorrono tra gli uomini, in apparenti rapporti tra cose: come scrive Lukács, «una relazione tra persone riceve il carattere della cosalità e quindi un'«oggettività spettrale» che occulta nella sua legalità autonoma, rigorosa, apparente, conclusa e razionale, ogni traccia della propria essenza fondamentale: il rapporto tra uomini». D'altra parte, nell'economia capitalistica, la capacità produttiva del lavoratore, la forza-lavoro, è una merce come ogni altra, e dunque è effettivamente una cosa: «questo trasformarsi in merce di una funzione umana rivela con la massima pregnanza il carattere disumanizzato e disumanizzante del rapporto di merce».

La moderna fabbrica è l'espressione della reificazione: è «un processo regolato secondo leggi meccaniche che si svolge indipendentemente dalla coscienza sul quale l'attività umana non ha alcun influsso [...] modifica anche le categorie fondamentali del rapporto immediato dell'uomo con il mondo: esso riduce il tempo e lo spazio a un unico denominatore [...] la persona diventa [...] uno spettatore incapace di influire su ciò che accade della sua esistenza, come una particella isolata e inserita in un sistema estraneo». Nell'analisi della moderna organizzazione del lavoro Lukács mette l'accento non tanto sull'uso capitalistico dell'utilizzo della forza-lavoro operaia, quanto sugli effetti dell'introduzione delle macchine, così che la reificazione finisce per essere una conseguenza del progresso scientifico e tecnico e non già, marxianamente, un'espressione dei rapporti di produzione della società borghese.

La filosofia di Hegel superava l'opposizione al soggetto della realtà esterna concependo quest'ultima come un prodotto alienato del soggetto stesso, opposizione che veniva risolta in una successiva riappropriazione dell'oggetto da parte del soggetto, che così ricostituiva l'unità originaria: infatti in Hegel qualunque oggetto - dunque tutta la realtà - è un prodotto del soggetto; in Marx, invece, solo la realtà sociale - non la natura - è prodotta dall'uomo e a lui si oppone come estranea. Lukács, pur volendo sviluppare un aspetto della critica marxista, finisce per concepire hegelianamente l'opposizione tra soggetto e oggetto sociale come un'opposizione generalizzata tra soggettività e oggettività, tra pensiero ed essere: «poiché l'oggetto, la cosa, in Hegel esiste soltanto come alienazione dell'autocoscienza, la sua riassunzione nel soggetto rappresenterebbe la fine della realtà oggettiva, quindi della realtà in generale. Ora, Storia e coscienza di classe segue Hegel nella misura in cui l'estraneazione viene posta sullo stesso piano dell'oggettivazione. Questo fondamentale e grossolano errore ha sicuramente contribuito in notevole misura al successo di Storia e coscienza di classe [...] Per la critica filosofica-borghese della cultura, basti pensare a Martin Heidegger, era del tutto ovvio sublimare la critica in una critica puramente filosofica, fare dell'estraneazione per sua essenza sociale un'eterna condition humaine».

Il libro fu criticato da Zinov'ev a nome dell'Internazionale comunista e anche dal massimo teorico socialdemocratico dell'epoca, Karl Kautsky. Lukács non replicò alle critiche, per quanto non le condividesse. Secondo la sua testimonianza, solo nel 1930, quando a Mosca divenne collaboratore dell'Istituto Marx-Engels e poté leggere il testo autografo dei Manoscritti economico-filosofici di Marx, fino ad allora sconosciuti e lì custoditi e decifrati per la pubblicazione, «caddero in una volta tutti i pregiudizi idealistici di Storia e coscienza di classe [...] ricordo ancora oggi l'impressione sconvolgente che fecero su di me le parole di Marx sull'oggettività come proprietà materiale primaria di tutte le cose e di tutte le relazioni [...] l'oggettivazione è un modo naturale - positivo o negativo - di dominio umano del mondo, mentre l'estraneazione è un tipo particolare di oggettivazione che si realizza in determinate circostanze sociali. Con ciò erano crollati definitivamente i fondamenti teorici di ciò che rappresentava il carattere particolare di Storia e coscienza di classe. Questo libro mi divenne completamente estraneo, così come era accaduto nel 1918-19 per i miei scritti anteriori».

«Il giovane Hegel»

Alla morte di Lenin, nel 1924, l'editore viennese di Lukács lo invitò a scrivere un profilo del rivoluzionario russo, impegno portato a termine in poche settimane. Secondo Lukács, è caratteristico di Lenin considerare ogni categoria filosofica sotto il punto di vista dell'azione politica concreta: Lenin non è «né un teorico né un pratico, ma un profondo pensatore della prassi [...] un uomo il cui penetrante sguardo è sempre rivolto al punto in cui la teoria trapassa nella prassi e la prassi nella teoria».

L'anno dopo uscirono due sue recensioni critiche degli scritti di Nikolaj Ivanovič Bucharin, Teoria del materialismo storico, e della Scienza della società borghese di Karl August Wittfogel: la polemica è rivolta contro le concezioni «materialistico-volgari» e «borghese-positivistiche» che vedono nella «tecnica» il principio dello sviluppo delle forze produttive e pertanto del mutamento sociale, concezioni che neutralizzano l'attività politica rivoluzionaria sostituendole l'attesa fatalistica del rinnovamento, che dovrebbe scaturire per intima necessità dal seno stesso della società.

Proseguiva intanto il suo impegno di militante del Partito comunista ungherese: nel 1928, Lukács presentò al congresso di partito le sue tesi - chiamate Tesi di Blum dal suo nome di clandestino - nelle quali proponeva che, a fronte della dittatura di Miklós Horthy, il partito dovesse proporre l'alternativa politica di una Repubblica democratica, accantonando per il momento l'obiettivo di una Repubblica sovietica. La proposta presupponeva la possibilità di un'alleanza con le forze socialdemocratiche, possibilità appena esclusa dall'Internazionale comunista che nell'ultimo congresso, sotto l'influenza del gruppo di maggioranza raccolto intorno a Stalin, aveva tacciato i socialdemocratrici di «socialfascismo».

Il partito ungherese respinse le sue Tesi e il capo indiscusso del partito, Béla Kun, minacciò persino la sua espulsione: Lukács si piegò, facendo autocritica, per quanto, scrisse poi, «del tutto convinto della giustezza del mio punto di vista, sapevo anche [...] che allora un'espulsione dal partito rappresentava l'impossibilità di partecipare attivamente alla lotta contro il fascismo che si avvicinava», ma più in generale, una sua emarginazione politica avrebbe forse pregiudicato la possibilità di rimanere inserito nel dibattito culturale e filosofico di quegli anni. A Berlino, infatti, continuò la sua collaborazione con la rivista «Linkskurve», pubblicando recensioni di critica letteraria e i suoi primi saggi sul realismo finché, con l'avvento del nazismo, nel 1933, si trasferì a Mosca, lavorando nell'Istituto di Filosofia dell'Accademia delle Scienze e pubblicando in riviste moscovite gran parte dei suoi saggi di critica e di estetica letteraria, che saranno raccolti in volume nel successivo dopoguerra.

A Berlino aveva già iniziato, e completò a Mosca nel 1937 il suo saggio su Il giovane Hegel che sarà pubblicato nel dopoguerra. La tesi di Lukács è una elaborazione delle considerazioni di Engels sulla filosofia hegeliana: «per questa filosofia non vi è nulla di definitivo, di assoluto, di sacro; di tutte le cose e in tutte le cose essa mostra la caducità, e null'altro esiste per essa all'infuori del processo ininterrotto del divenire e del perire [...] essa ha però anche un lato conservatore: essa giustifica determinate tappe della conoscenza e della società per il loro tempo e per le loro circostanze [...] il carattere conservatore di questa concezione è relativo, il suo carattere rivoluzionario è assoluto».

Per Engels, il carattere conservatore e, soprattutto, caduco, di Hegel, è il suo «sistema» filosofico, mentre il suo carattere rivoluzionario consiste nel metodo dialettico: per Lukács, Hegel «voleva dominare teoricamente determinate connessioni sociali e storiche, e si serviva della filosofia solo per effettuare le generalizzazioni indispensabili», deducendo dai rapporti esistenti tra l'uomo e la società leggi dinamiche che implicano «contraddizioni il cui superamento e la cui riapparizione a un livello più alto rende comprensibile, in ultima istanza, l'intera struttura della società e della storia».

Recensioni e critiche

Una delle maggiori allieve di György Lukács fu la filosofa ungherese Agnes Heller teorica dei cosiddetti "bisogni radicali" il cui pensiero ebbe fortuna soprattutto negli anni '70 e '80 anche in Italia.


I due marxismi di Lukacs

"La caratteristica di Lukács è quella di aver fornito, a distanza di quasi quarant'anni, due formulazioni diversissime di un modello teorico di filosofia marxista, in cui il secondo paradigma deve essere interpretativo come risultato di una profonda autocritica immanente del primo. Si tratta, come è noto, del primo paradigma degli Anni Venti esposto in Storia e Coscienza di Classe, e del secondo paradigma degli Anni Sessanta esposto nelle diverse formulazioni dell'Ontologia dell'Essere Sociale." (Costanzo Preve, "Il testamento filosofico di Lukács")

"Lukács è stato il più grande filosofo marxista del novecento" (idem)

Bibliografia

  • Storia e coscienza di classe, 1923
  • Ontologia dell'essere sociale,

Bookmark




ARTICOLO IN COSTRUZIONE




Ritorna alla Home Page
© Copyright - All Right Reserved 2004-2018 by Centro Studi Silvia Montefoschi