Henri Bergson

Da LogicaUnitaria.

Henri Bergson (Parigi, 18 ottobre 1859 – Parigi, 4 gennaio 1941)

Filosofo francese e Premio Nobel della letteratura del 1927, la vita di Bergson fu quella tranquilla e senza grandi eventi di un professore francese.

I maggiori punti di riferimento in essa sono la pubblicazione dei suoi quattro principali lavori:

  • Essai sur les données immédiates de la conscience (Saggio sui dati immediati della coscienza), 1889
  • Matière et Mémoire (Materia e Memoria), 1896,
  • L'Evolution créatrice (L'evoluzione creatrice), 1907
  • Les deux sources de la morale et de la religion (Le due sorgenti della Morale e della Religione), 1932.


Saggio sui dati immediati della coscienza

Con questo lavoro il Bergson polemizza con le psicologie di marca positivistica allora in auge e introduce, nel trattare la questione del "tempo", il concetto di "durata interiore" che è accrescimento qualitativo continuo, dunque refrattario ad ogni forma di misurazione. Questa durata ha come tratto essenziale il vissuto affettivo che la caratterizza, e riesce a realizzare l'apparente paradosso del cambiamento continuo nella conservazione. Da questa durata che cementa l'identità personale nasce l'atto libero al di là delle ricostruzioni logiche posticce in cui esso veniva intrappolato dai seguaci del determinismo.

La concezione del tempo in polemica con Einstein

In "Durata e Simultaneità" polemizzò con alcune elaborazioni filosofiche - specie di ambiente francese - sui risultati ottenuti da Albert Einstein nella teoria della relatività.

Einstein ha dimostrato che il tempo è relativo al sistema di riferimento e più è elevata la velocità di un sistema rispetto all'osservatore, più il tempo in tale sistema rallenterà dal punto di vista dell'osservatore.

Bergson sosteneva invece che il tempo non è una retta di tanti punti contigui, ma un istante che cresce su se stesso sovrapponendosi agli altri.

Materia e/è Memoria

Con quest'opera "Matière et Mémoire" investiga la funzione del cervello e intraprende un'analisi della percezione e della memoria portando a un'attenta considerazione dei problemi sulla relazione tra corpo e mente.

In questo scritto insiste sul valore puramente pratico della scienza perchè pur permanendo una antitesi fra interiorità ed esteriorità, la coscienza e il mondo sono legati l'una all'altro.

Il tentativo di Bergson di andare oltre sia il realismo sia l'idealismo si concretizza nella definizione della percezione come di una forma di coscienza inglobante sia il soggettivo che l'oggettivo dove l'immagine si pone come saldatura fra la materia e la memoria.

La materia per Bergson al di là della sua apparente solidità insuperabile altro non è invece, incredibile a dirsi, null'altro che memoria, prodotta dall'abitudine, si tratta di pensieri statici e non più dinamici. C'è in Bergson una equazione materia=memoria e viceversa, è cioè la memoria che produce la realtà cosiddetta materiale.

Il primo congresso internazionale di filosofia

Si tenne a Parigi dal 1 al 5 agosto 1900, e vi partecipò anche il Bergson la cui relazione breve ma importante verteva "Sur les origines psychologiques de notre croyance à la loi de causalité" ("Sulle origini psicologiche della nostra credenza nella legge della causalità").

L'evoluzione creatrice

"L'evoluzione creatrice" (L'Évolution créatrice), apparve nel 1907, ed è senza dubbio il più conosciuto e il più discusso. Costituisce uno dei contributi più profondi e originali alla riflessione filosofica sulla teoria della evoluzione.

Al 1918 l'editore Alcan aveva già pubblicato ventuno edizioni. A seguito della pubblicazione di quest'opera, la popolarità di Bergson aumentò enormemente, non solo negli ambienti accademici ma anche fra il grande pubblico dei lettori generici così che il termine "bergsonismo" diventò una vera e propria nuova moda filosofica dei nuovi tempi moderni.

Il rapporto con William James e il pragmatismo

Bergson arrivò a Londra nel 1908 e rese visita a William James, il filosofo statunitense di Harvard, che era più anziano di Bergson di diciassette anni e che era attivo nel richiamare l'attenzione del pubblico anglo-americano sul lavoro del professore francese.

Questo fu un interessante incontro e troviamo le impressioni di James su Bergson nelle sue Lettere, sotto la data del 4 ottobre 1908:

«Un uomo così modesto e senza pretese ma intellettualmente un tale genio! Ho il più fermo sospetto che la tendenza che egli ha messo a fuoco finirà col prevalere, e che la presente epoca sarà una sorta di punto di svolta nella storia della filosofia.»

Le loro posizioni intellettuali in verità sono più lontane di quanto spesso si pensi. Entrambi sono riusciti ad attrarre consenso molto oltre la sfera puramente accademica, ma è solo nel loro reciproco rifiuto, in definitiva, dell'"intellettualismo" che c'è una vera consonanza.

Certamente James trascurava molti degli aspetti più profondamente metafisici del pensiero di Bergson, che non si armonizzavano con il proprio, ed erano anzi in palese contraddizione. Bergson non era affatto un pragmatico, per lui l'"utilità", lungi dall'essere una verifica della verità, è piuttosto l'inverso, un sinonimo di errore.

Nonostante ciò, William James salutò Bergson come un alleato. Nel 1903 egli scrisse:

«Ho riletto i libri di Bergson e non ho letto nulla da anni che abbia così eccitato e stimolato i miei pensieri. Sono sicuro che quella filosofia abbia un grande futuro, rompe i vecchi schemi e porta le cose in una soluzione in cui possono ritrovarsi nuovi cristalli.»

Gli omaggi più notevoli che tributò a Bergson furono quelli nelle Hibbert Lectures (Un Universo Pluralistico), che James tenne al Manchester College di Oxford, poco dopo aver incontrato Bergson a Londra. Egli faceva notare l'incoraggiamento che aveva ricevuto dal pensiero di Bergson e esprimeva la fiducia che aveva nel "potersi appoggiare all'autorità di Bergson".

L'influenza di Bergson lo portò a «rinunciare al metodo intellettualista e alla nozione corrente che la logica è una misura adeguata di ciò che può o non può essere». Lo indusse inoltre a «abbandonare la logica, fermamente e irrevocabilmente» come metodo, poiché aveva scoperto che «la realtà, la vita, l'esperienza, la concretezza, l'immediatezza, usate la parola che volete, va oltre la nostra logica, la sommerge e la circonda».[13]

Naturalmente, queste osservazioni, che apparvero in un libro nel 1909, orientarono molti lettori inglesi e americani a indagare la filosofia di Bergson. Questo era reso difficile dal fatto che i suoi più importanti lavori non erano stati tradotti in inglese. James, tuttavia, incoraggiò e aiutò Arthur Mitchell nella sua preparazione della traduzione inglese di L'Evolution créatrice.

Nell'agosto 1910 James morì. Era sua intenzione, se fosse vissuto abbastanza per vedere il completamento della traduzione, di proporla al pubblico di lettori inglesi con una nota in prefazione di apprezzamento. Nell'anno seguente la traduzione fu completata e questo portò a un ancora più grande interesse verso Bergson e il suo lavoro.

Per coincidenza, in quello stesso anno (1911), Bergson scrisse, per la traduzione francese del libro di James, Pragmatism, una prefazione di sedici pagine, intitolata Vérité et Realité. In essa espresse simpatia e apprezzamento per il lavoro di James, associati a certe importanti riserve.

Bergsonismo e parapsicologia

Nel maggio 1913 si recò di nuovo in Inghilterra dove accettò la presidenza della "Society for Psychical Research", tenendo presso la Società il discorso: "Fantômes des Vivants et Recherche psychique" (Fantasmi dei Viventi e Ricerca psichica).

L'influenza del bergsonismo sul socialismo e sul modernismo cattolico

Bergson ebbe seguaci di diversi generi, in Francia movimenti come il Neocattolicesimo o il modernismo da una parte e il sindacalismo dall'altra, si sforzarono di assorbire e di fare proprie, per i loro scopi anche di propaganda, alcune delle idee centrali del suo insegnamento. L'importante organo teorico sindacalista, "Le Mouvement socialiste", suggerì che il realismo di Karl Marx e Pierre-Joseph Proudhon è ostile a ogni forma di intellettualismo e che, quindi, i sostenitori del socialismo marxista avrebbero dovuto accogliere bene una filosofia come quella di Bergson. Altri autori si sforzarono di trovare consonanze tra la Cattedra di Filosofia del Collège de France con gli obiettivi della Confédération Générale du Travail. Si affermò che c'è armonia tra il flauto della meditazione filosofica personale e la tromba della rivoluzione sociale.

Mentre i rivoluzionari sociali stavano cercando di ottenere il massimo dalle idee di Bergson, molte autorità del pensiero religioso, particolarmente i teologi più liberali di ogni credo, cioè in Francia i Modernisti e il Partito Neocattolico, mostrarono un profondo interesse per i suoi scritti e molti di loro cercarono di trovare nelle sue opere incoraggiamento e stimolo. La Chiesa cattolica tuttavia arrivò a bandire tre libri di Bergson ponendoli all'Indice dei libri proibiti (Decreto del 1º giugno 1914).

Bergson e la prima guerra mondiale

Un corso di lezioni tenute da Bergson presso l'università di Edimburgo in Scozia e previsto per l'autunno del 1914 fu abbandonato a causa dello scoppio della guerra. Bergson, tuttavia, non rimase in silenzio durante il conflitto. Tenne invece diversi discorsi rendendosi parte attiva della propaganda di guerra ("bourrage de crâne") di cui Barrès si era reso campione.

Nella guerra, Bergson vide il conflitto dello spirito e della materia, o della vita e del meccanismo, principi che egli identificava rispettivamente con gli schieramenti francese e tedesco; così asservì le dottrine centrali della propria filosofia all'ideologia nazionalista. Questo aspetto della sua carriera non verrà, giustamente, risparmiato da filosofi quali Politzer (ne La fine di una parata filosofica. Il bergsonismo) e, più tardi, Sartre e Merleau-Ponty (La guerre a eu lieu, nel primo numero de Les temps modernes, 1945). Risale al 4 novembre 1914 l'articolo La force qui s'use et celle qui ne s'use pas (La forza che si consuma e quella che non si consuma), che apparve ne Le Bulletin des Armees de la Republique Française. Un discorso presidenziale tenuto nel dicembre 1914 alla Académie des sciences morales et politiques aveva come titolo La Significance de la Guerre.

Il bergsonismo nel primo dopoguerra

Dopo il 1920 Bergson viveva con la moglie e la figlia in una modesta casa in una via tranquilla vicino alla Porte d'Auteuil a Parigi e così per poter dedicare tutto il suo tempo alla nuova grande opera che stava preparando sull'etica, la religione e la sociologia, Bergson ebbe una dispensa dai suoi doveri legati alla Cattedra di Filosofia Moderna al Collège de France. Mantenne la cattedra ma non tenne più lezioni; in questo fu sostituito dal suo allievo prediletto Edouard Le Roy.

Ricerche queste da cui nascquero rispettivamente 1932 e nel 1934 due nuovi grandi lavori:

  • Les Deux Sources de la morale et de la religion (Le due Fonti della religione e della Morale)
  • La Pensée et le mouvant (Il Pensiero e il Movimento

opere queste che estesero le sue teorie filosofiche ai campi della morale, della religione e dell'arte.

A una società chiusa basata sull'obbedienza all'autorità e cementata dalla credenza dei dogmi della religione statica, Bergson contrappone una società aperta che è continuo superamento della forma cristallizzata, e si estende all'intera umanità animata dalla spinta mistica d'amore della religione dinamica. Essa non è mai raggiungibile, ma resta come un asintoto orientativo.[15] La distinzione fra società chiusa e società aperta verrà ripresa, pur con le dovute distinzioni, da Karl Popper nell'opera "La società aperta e i suoi nemici".

Bergson in fine-vita vide il cattolicesimo come completamento del suo ebraismo

Con l'inizio della seconda guerra mondiale e il diffondersi di un nuovo antismitismo di marca nazista, Bergson nonostante la malattia fisica egli mantenne saldi i propri valori fondamentali fino alla fine della sua vita; di particolare rilievo morale fu la sua scelta di rinunciare a tutte le cariche e onori che gli erano stati precedentemente attribuiti piuttosto che accettare di essere un'eccezione alle leggi antisemitiche imposte dal governo collaborazionista di Vichy.

Inoltre, sebbene desiderasse convertirsi al Cattolicesimo, vi rinunciò per solidarietà con i suoi correligionari ebrei verso i quali era cominciata in Germania la persecuzione nazista. Infatti, nel suo testamento, redatto nel 1937, il filosofo scriveva:

« Le mie riflessioni mi hanno portato sempre più vicino al cattolicesimo, nel quale vedo il completamento dell'ebraismo. Io mi sarei convertito, se non avessi visto prepararsi da diversi anni la formidabile ondata di antisemitismo, che va dilagando sul mondo. Ho voluto restare tra coloro che domani saranno dei perseguitati. Ma io spero che un prete cattolico vorrà venire a dire le preghiere alle mie esequie, se il cardinale arcivescovo di Parigi lo autorizzerà. Nel caso che questa autorizzazione non sia concessa, bisognerà chiamare un rabbino, ma senza nascondere a lui o ad altri la mia adesione morale al cattolicesimo, come pure il desiderio da me espresso di avere le preghiere di un prete cattolico. »

Per sua richiesta, fu un prete cattolico a recitare le preghiere al suo funerale.

Bibliografia

  • Gilles Deleuze, "Le bergsonisme", 1966
  • Jean Guitton (allievo e seguace di Bergson), "La vocacion de Bergson", 1960

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