Riflettendo sul finale dell'apocalisse giovannea

Da LogicaUnitaria.

Non ci avevo mai pensato, mi pareva anzi un buon finale molto ottimista già questo di Giovanni e poi certo quello della nuova apocaliise di GiovanniSilvia ancora più estremo, ma oggi ho avuto una intuizione e qualcosa a cui non avevo mai pensato è giunto alla mia coscienza.


Giovanni

Qual'è l'epilogo dell'Apocalisse di Giovanni?

Giovanni termina la sua apocalisse con queste parole che suscitano evidentemente nel lettore una grande speranza:

"E le cose di prima sono passate."

Giovanni evidentemente è persona molto profonda e non a caso è chiamato anche Giovanni il veggente e soprannominato anche l'Aquila eppure per la prima volta ho capito oggi che a dispetto delle apparenze se questo fosse il vero finale non sarebbe molto ottimista e quindi non sarebbe proprio auspicabile.

Duemila anni dopo quella prima apocalisse Giovanni il teologo e Silvia Montefoschi la psicoanalista nell'unirsi in una sola persona e in maniera stabile costituendo così il prototipo dell'archetipo dell'ultima coniunctio riscrivono l'apocalisse, una nuova apocalisse.

GiovanniSilvia

E con quali parole termina questa nuova apocalisse?

Con queste:

"E le cose di prima non sono mai state."

Fino ad oggi non ci avevo mai pensato a quella che è la vera differenza tra questi due finali: percepivo la loro differenza ma la trovavo semplicemente un rafforzare ulteriormente quello che era stato già detto nella prima versione dell'apocalisse e invece oggi ho capito che non è così.

Proverò a spiegarmi facendo un esempio che forse aiuterà a capire quello che quell'improvvisa intuizione mi ha svelato o mi voleva svelare.

La storia di GiovanniSilvia

Immaginiamoci di essere degli ebrei prigionieri di un lager nazista al tempo della seconda guerra mondiale.

Finalmente dopo tanto tribolare, con il nuovo anno, il 1945 arrivano i russi o gli americani e ci liberano dalla lunga e terribile prigionia.

Ecco che allora i torturati dai criminali esclamano:

"E le cose di prima sono passate"

Indubbiamente la liberazione è reale, su questo non c'è dubbio che sono finalmente liberi di iniziare una nuova vita, una vita senza più i tormenti orribili degli aguzzini dalla sola forma umana ma fondamentalmente animali ma provatevi a farvi raccontare i nuovi tempi felici dopo la liberazione, dai veri detenuti nei lager nazisti. Vi racconteranno un dopo prigionia fatto, non solo beninteso ma anche di incubi, lacrime, urla, pianti, paure fino al terrore, insomma ricordi che ritornano, ossessioni. Questo significa che comunque la lunga e terribile prigionia ha lasciato un segno indelebile e alcuni che in prigionia hanno trovato la forza in quei luoghi infernali di sopportare di tutto sopravvivendo all'inferno nazista poi una volta liberi si sono suicidati chi prima chi dopo come lo scrittore ebreo Primo Levi.

La frase "E le cose di prima sono passate" quindi pur essendo ottimista non è poi a ben vedere così ottimista come sembra. Chissà forse il grande Giovanni il Veggente, che certamente era un veggente, forse sulle conseguenze di una simile modalità liberatoria non era poi così tanto veggente.

Ma unendo la scienza del teologo a quella della psicoanalista ecco che insieme vedono un'altro finale per la storia evolutiva dell'universo e così riscrivono il finale che adesso suona diverso:

"E le cose di prima non sono mai state"

Realtà storica e realtà ontologica

Se "le cose di prima" fossero solo passate resterebbe comunque la memoria ma l'universo è proprio la memoria, la storia della relazione, relazione che poi è il vero vivente ma ecco che nel momento in cui l'uomo e la donna si uniscono in una sola persona e non per il tempo di una scopata ma il tempo di un'amplesso infinito, ecco che allora la storia di quell'uomo e la storia di quella donna che poi in ULTIMA ANALISI sono il maschile e il femminile di dio a partire dai batteri, dalle piante, dagli animali ma ancora prima dalle molecole, dagli atomi e fin dalle particelle di materia e antimateria, ecco che questa lunga storia della relazione scompare rimanendo solo la relazione.

E del resto quando voi andate in un negozio, l'esempio ovviamente vale quello che vale, e acquistate un qualsiasi oggetto volete forse anche sapere la storia di quell'oggetto? O per voi basta che funzioni? Cioè che sia adatto allo scopo? Ebbene la stessa cosa vale per la relazione: che ci frega di Mazzini e Garibaldi, basta che il "tu" respiri.

Come dire: i curriculum e i vari titoli, lasciateli pure a casa.

La storia non è un caso ma una necessità

La storia mortale passa nel mentre che la relazione immortale rimane.

E fu così che proprio dalla storia infine nacque Dio.



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