La figlia di Hegel

Da LogicaUnitaria.

"[...] se l'evoluzione dell'universo, dal big-bang in poi, è arrivata all'uomo, perchè con l'uomo dovrebbe fermarsi? E se la coscienza umana è il punto più alto dell'evoluzione, quale sarà il prossimo salto evolutivo? [...] è il "filo rosso" di tutta la sua opera, come diceva un sogno in cui un Hegel dalle mani ritorte e ormai impossibilitato a scrivere le consegnava la sua eredità affinchè continuasse l'opera: passagio di consegne dalla dialettica - finora tutta maschile- al femminile, affinchè la portasse a compimento; quel quarto elemento oscuro che doveva completare la trinità maschile, sul quale si interroga Jung in 'Ricordi, sogni, riflessioni'.

(Brano tratto dalla "Presentazione" del secondo volume dell'Opera Omnia di Silvia Montefoschi che ha come titolo complessivo "L'evoluzione della coscienza")


La figlia di Hegel

Questo sogno e il relativo commento è presente in "La dialettica del reale" (1984) di Silvia Montefoschi.


Il sogno

« Nell'[...] episodio onirico avviene che, camminando io lungo la "strada" mi viene incontro un uomo con il volto di Hegel che nel presentarsi mi dice di essere un teologo. L'uomo si scusa di non potermi dare la mano essendo le sue mani ormai ritorte; motivo per cui, egli mi spiega, non può scrivere e deve pertanto morire, sicchè ha deciso di uccidersi e lasciare in eredità gli occhi alla figlia. »

(Montefoschi, "Psicoanalisi e dialettica del reale", pag.135)


L'elaborazione del sogno

«Hegel, come uomo, è, per dirla con Hegel, "l'universale concreto"; e come uomo in cui l'universale s'è detto nella dialettica dello spirito, Hegel è la concretizzazione della dinamica conoscitiva dell'essere che riflette se stessa, è l'incarnazione dello stesso spirito.

E, per di più, Hegel non è soltanto il Figlio del Padre, in quanto generato dal divenire dell'essere come il resto del reale, ma, essendosi fatto, in Cristo, a Dio consustanziale sul piano della coscienza riflessiva, che è quella che in Cristo come in Hegel contempla questo divenire, egli, l'uomo Hegel che sa della dialettica, è il Padre stesso.

Ma Hegel è anche il soggetto che, all'interno del soggetto conoscitivo antinomico soggetto-oggetto, guarda solo in se stesso quale conoscente e coglie così la dialettica dell'essere solo all'interno della coscienza umana. Come teologo, Hegel è pertanto (come ogni teologo a tutt'oggi) il sostenitore della trinità maschile di Dio, dove è soltanto il figlio (giammai la figlia) consustanziale al padre, e ciò perchè è l'uomo (e non la donna) identificato con il soggetto conoscente, dove si realizza la dinamica riflessiva del pensiero, che è appunto lo Spirito che consustanzia il figlio e il padre, quali manifestazioni individuale l'una, universale l'altra, della dinamica stessa.

Sembra però che il dirsi dell'essere nella riflessione filosofica del discorso umano universale che si realizza nella filosofia assoluta di Hegel, sia arrivato a compimento, sì chenon può che ripiegarsi su sestesso; e ciò perchè quell'occhio che ha riflesso il divenire dialettico del pensiero umano, proprio in quanto collocato soltanto nel maschile, non ha più un novum da riflettere e Hegel pertanto non ha più niente da scrivere.

E quelle mani, quali strumenti mediatori che, oggettivando la conoscenza, hanno dato realizzazione concreta al divenire del pensiero nel divenire storico dell'opera umana, non hanno più nulla da creare, e ciò perchè l'opera, rivolta all'interno del mondo umano, avendo oggettivato nelle forme del mondo tutta la conoscenza che l'essere, nell'uomo, ha raggiunto, non ha un novum da creare e non può che chiudersi nell'antroporiferimento, come le mani torte del personaggio onirico si chiudono su se stesse con un movimento per di più convergente verso il corpo dell'uomo.

Ma l'occhio, che Hegel ha aperto per l'intera umanità, avendo visto la dialettica, ha visto anche che la dialettica, in quanto tale, non si può fermare; sicchè quell'occhio stesso, riflettendo su se stesso, oggi vede il limite della propria visione che sta nella univocità maschile del conoscente, e, andando oltre lo stesso, incontra ciò di cui quel conoscente è il riflesso: l'oggettualità dell'essere nel suo divenire dialettico.

Il maschile, fattosi consapevole del suo stesso limite all'ulteriore divenire, accoglie il femminile e, nel riconoscere in esso l'essere che già conosce se stesso, gli consente il riconoscimento di sè come conoscente, ovverossia gli consegna il proprio occhio riflessivo.

La figlia di Hegel, che riceve in eredità la capacità di visione del padre, è la donna quale concretizzazione dell'aspetto oggettuale dell'universale la quale, rimasta come tale inconsapevole della dinamica conoscitiva che ella porta in sè, è rimasta anche figlia del padre (in quanto generata dal divenire dell'essere) a lui non consustanziale, non essendo a lei mai stata riconosciuta e non essendosi ella stessa mai riconosciuta quella capacità di riflessione che è appunto la sostanza di Dio, quale dinamica della creazione e punto più avanzato della conoscenza dell'intero creato.

E proprio questa figlia, nel ricevere in eredità dal padre l'occhio della riflessione, nel farsi a lui consustanziale porta alla luce dello spirito la dialettica della materia, ovverossia quella stessa dinamica conoscitiva che si dà nell'essere prima ancora che il soggetto conoscente umano la rifletta.»

(Montefoschi, "Psicoanalisi e dialettica del reale", pag.136)