La speranza non è più una virtù

Da LogicaUnitaria.

Uno degli ultimi insegnamenti della psicoanalista Silvia Montefoschi è che non bisogna nutrire vane speranze.

La speranza è legata infatti allo spazio-tempo ma nostro obiettivo è proprio uscire dallo spazio-tempo in un vero e proprio esodo come quello degli ebrei, il vecchio popolo eletto, dall'Egitto, dunque sarebbe un controsenso continuare ad alimentare lo spazio-tempo tramite la speranza.

Dunque: senza speranza.

Vivere senza speranza.

La questione si risolverà da sè senza alcuna necessità di sperare alcunchè.

Gli ultimi scritti della psicoanalista, in particolare "La rivoluzione radicale del reale" del 1996, testimoniano in questo senso.

Queste riflessioni della psicoanalista tuttavia mi riportano alla mente quanto la mia interlocutrice dell'Aldilà, Thérèse Martin, scriveva già alla fine del 1800 e cioè, Lei diceva, ovviamente in una cornice di senso ancora vetero cattolico per certi aspetti più superficiali, in quanto in verità era già avanti nei tempi ossia inattuale proprio come Nietzsche suo contemporaneo: "noi non abbiamo più necessità nè della fede nè della speranza ma l'amore ci è più che sufficiente."

Roba da far gridare all'eresia e invece la chiesa ufficiale l'ha fatta "Dottore" o forse è stata costretta a farla dottore: sappiamo infatti come è andata la storia della sua canonizzazione e poi quella della nomina a 32° dottore, tralaltro tutti maschi a parte Lei, Teresa d'Avila e Caterina da Siena.

In Teresina ci sono altre eresie ma mi fermo qui: la spiegazione è che lei si basava sull'esperienza mistica concreta e non su insegnamenti già precotti.

E in effetti molti esponenti della chiesa erano contrari a darle così tanta importanza, il fatto è che è la sincronicità che comanda tutto e tutti.