1 ottobre - Primo giorno di scuola

Da LogicaUnitaria.

In questo periodo mi sta ritornando in mente mia madre quasi dimenticata che è morta da più di quindici anni.

Pensavo che sono nato quando lei compiva 33 anni e ho incontrato Thérèse Martin quando io avevo 33 anni.

Quando ero bambino il primo giorno che sono andato a scuola cambiando vita, la prima cosa che mi colpì furono le mamme dei miei amici, una in particolare, era biondissima e avrà avuto si e no 20 anni al massimo 21 o 22 e paragonandola a mia mamma invidiavo i miei amici che avevano la mamma giovane mentre io che avevo 6 anni avevo la mamma già quarantenne.

Li invidiavo nel senso buono, sia chiaro e accettavo la realtà.

Ricordo il giorno che il mio amico mi invitò a casa sua e vidi aprirci la porta questa "Dea Bionda" che ci preparò il thé con i biscotti: bellissima! Oh Dio come sei grande!

Poi in classe arrivò la figlia della nostra maestra di prima e seconda elementare: mi incuriosiva più che altro, assomigliava alla protagonista dei telefilm "Pippi Calzelunghe".

Se ne stava al primo banco davanti a tutti in una classe, lei unica femmina, di una trentina di maschi.

In terza elementare cambiò insegnante: un maestro maschio ma un maschio-prete anche se un prete un po' particolare.

Era un dipendente dello stato e non della chiesa e l'unico rapporto che aveva con la chiesa era che al mattino diceva la messa in parrocchia prima di andare a scuola e solo alla domenica si fermava un po' di più per la messa solenne dove essendo anche un musicista suonava l'organo.

Viveva da solo in una villetta con sua mamma e questa sua indipendenza, questa sua sorta di individualismo me lo rendeva simpatico a parte il fatto che parlava sempre bene di me sia pur in maniera realistica.

Mi chiamava "Morellino" e nel mio libretto scolastico al termine dei cinque anni scrisse, me lo ricordo bene:

"Di intelligenza superiore alla normale soffre di una turbe psichica non del tutto risolta."

Quella che lui chiamava "turbe psichica" in realtà come venni a sapere dopo, quando mi incontrai con la creatura di Sigmund Freud, la psicoanalisi, era niente altro che per qualche motivo genetico mia madre e mio padre, sud italia e nord italia, unendosi avevano creato invece di un "normale" SRI un "anormale" SSR.

Il mio maestro che a mio parere era del tipo "intuitivo", utilizzando il metodo diagnostico dello Jung di "Tipi psicologici" del 1921, intuì comunque la mia verità in qualche modo dato che aggiunse oltre al fatto che mi trovava un personaggio strano che ero comunque "di intelligenza superiore alla normale".

Anche io credo di essere come il mio maestro, un "intuitivo" ma mentre il mio maestro aveva l'intuizione cosciente e il pensiero inconscio, io ho il pensiero consciente mentre l'intuizione è inconscia. Potrei sbagliarmi ma penso che è così. Io intuisco l'ombra di chi si relaziona con me come pochi e questo produce in me una forza repulsiva enorme.

Allora, si dirà, intuisci anche l'ombra di Thérèse Martin.

Sì, percepisco anche l'ombra di TM ma me ne frego altamente e la forza attrattiva comunque prevale sulla forza repulsiva anche se c'è anche quest'ultima che fa sì che io e lei si mantenga le distanze ma senza sentirci separati come due persone: io infatti considero la sua ombra come se fosse la mia ombra.

Il mio maestro era un poeta, un dantista, e ci fece conoscere al storia di Dante e Beatrice già alle elementari. In gioventù aveva pubblicato anche un libro di sue poesie.

Mi influenzò molto tanto che scrissi un romanzo in quarta elementare e me lo fece leggere in classe e mi disse che se lo ricopiavo in bella tenendo conto delle sue correzioni mi avrebbe dato il massimo dei voti in Italiano non sul registro ma già direttamente sulla pagella alla fine dell'anno garantendomi così la promozione.

Scrivevo il mio romanzo in una stanza tutta bianca, la sala della mia casa, con la finestra aperta di fronte a me che vedevo sul palazzo di fronte le gemelline affacciate, graziose come due bamboline identiche identiche come due gocce d'acqua.

Un giorno il nostro maestro ci lesse una poesia sulla figura della madre ma non riuscì a terminarla perchè si mise a piangere con grande imbarazzo di noi tutti suoi scolari che non si sapeva cosa fare.

Lo rividi molti anni dopo: era molto più anziano ovviamente ma era diventato un capellone. Teneva i capelli fino alle spalle pur vestendosi con il clergeman, l'abito talare non gli era mai piaciuto. E quando venne il Papa a Genova e incontrandolo gli chiesi come mai non era al raduno mi rispose che "non mi sono mai piaciute le masse".

L'altro giorno ho visto il film incriminato della regista Asia Argento e il suo accusatore ancora bambino: avercela una mamma così!

Infine sono contento di avere incontrato Thérèse Martin: lei non è la mamma, lei è la donna e non si presta a essere chiamata madre o mamma che anzi la considererei una bestemmia se rivolta a Lei, una mancanza di rispetto. Lei è la donna che è più della madre: è proprio Dio in persona.


Thérèse Martin è la donna cioè Dio e io non sono la sua zavorra, un peso da cui liberarsi per poter finalmente volare.

Come è fatta bene la natura: è proprio un orologino.

Oh my God! Amica mia!

Tu sei la vita,

solo tu sei la vita in questo mondo di impiegati.

Voglio essere una sola persona con te perchè solo tu meriti di esistere,

solo tu Amica-Amore,

solo tu hai diritto alla vita.



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