Il significato evolutivo del mistero dell'incarnazione di Dio

Da LogicaUnitaria.

1. Nel momento in cui la carne seppe di essere Pensiero, quel momento coincide con un accadimento che costituisce il più grande evento della storia dell'universo: l'incarnazione di Dio.

2. L'incarnazione di Dio è uno spartiacque nella storia dell'universo con un prima e un dopo. Da allora il senso del reale muta radicalmente.

3. Dopo l'incarnazione di Dio avviene la seconda mutazione in cui la carne viene a sapere di essere "solo" pensiero essendo la carne più solo "memoria", memoria di una vecchia logica ancora umana. Quel "solo" pensiero è la parola magica.

4. Questa mutazione che denominiamo "ultima mutazione" per distinguerla da tutte le mutazioni precedertni che hanno fatto la storia evolutiva dell'universo e della realtà sia naturale che culturale, coincide anche con lo stabilizzarsi di una intuizione che lo stesso Rabbi di Nazareth ebbe a suo tempo e cioè che non esiste alcun Padre altro da lui ma che l'evento dell'incarnazione di Dio giunge a compimento quando si realizza il trapasso dalla consustanzialità con il Dio all'identicità con il Dio.

5. Per quanto riguarda la questione del concepimento di nuova vita vale quanto ebbe a dire Giovanni Evangelista sulla carne:


"La carne non può nulla.

La carne può solo far soffrire

ma è lo spirito che da la vita."

(Evangelo secondo Giovanni)


Silvia Montefoschi Psicoanalista completò l'intuizione di Giovanni di Zebedeo Evangelista precisando che la carne non può nemmeno far soffrire se non gli si dà questo potere ovvero se si riesce a distogliere l'attenzione dalla sofferenza corporea.

In queste riflessioni di Giovanni Evangelista e di Silvia Montefoschi psicoanalista è presente la nuova concezione della carne e più in generale della materia come pura memoria del percorso evolutivo ossia della storia che non coincide con la vera realtà che è il pensiero, lo spirito, essendo questi realtà ontologica.

6. Le riflessioni qu sopra espresse hanno come conseguenza e implicano che l'ultimo tratto del processo evolutivo e individuativo sono sia un "processo di disappropriazione" che consiste nel venir meno di ogni appropriarsi, sia un "processo di spersonalizzazione" che consiste nel venire meno di una vecchia identita ancora umana troppo umana e quindi particolare e individuale che realizza invece un "divenire Dio" quale soggetto super-riflessivo che dispiega una nuova soggettività non più individuale.

7. Alla richiesta "facci vedere il Padre", il Rabbi di Nazareth rispose: " E' da molto ormai che mi conosci e tu mi chiedi "facci vedere il Padre?! Le parole che io dico non vengono dalla mia mente ma il Padre che è in me esprime il suo pensiero"

Il "suo" Pensiero dice il Rabbi di Nazareth, il "suo" e non "mio" e questa affermazione ci insegna che nessuno è il proprietario del Pensiero e che è insensato dire "il mio pensiero": tutte le opinioni, incluso la mia opinione, sono ugualmente tutte le opinioni dell'Uno. Si può e ci si deve fare una propria opinione ma rimanendo consapevoli che sia la mia opinione che le opinioni degli altri anche se in contraddizione cessano di essere in contraddizione nel momento in cui ci si consapevolizza dell'unico pensante, l'Uno, a cui tutti i pensieri appartengono.

Pertanto proprio per questo vanno riposti nel magazzino degli strumenti di pensiero preistorici ogni concezione giustizialista, che pensa ancora nei termini dualisti di bene e male. Il bene e il male stanno solo nei cervelli preistorici di una vecchia umanità la cui tecnologia è andata più avanti della loro capacità pensante che non è ancora veramente umana ma ancora soffre di un condizionamento dalle sue origini animali.



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