Una lettura psicoanalitica della figura di Myriam di Nazareth

Da LogicaUnitaria.

"Così Maria, promotrice essa stessa del salto evolutivo della coscienza adamica, che è quella limitatamente individuale, alla coscienza cristica, che è quella sovra individuale che riconosce in sè l'universale, torna ad essere relegata, stando sempre all'interpretazione del cristianesimo istituzionalizzato, nel ruolo di madre solamente, come lo era stata Eva anche se, a differenza di Eva viene riconosciuta come madre dello spirito dell'uomo e non del corpo solamente.

E anche a lei, come a Eva, viene imposto di schiacciare la testa del serpente ad evitare di esserne ancora fecondata e di portare ulteriormente avanti il processo evolutivo della coscienza cristica che doveva viceversa essere stabilizzato.

Ma il fatto di riconoscersi ella stessa, e di essere riconosciuta dall'uomo, come madre dello spirito, fa sì che l'uomo, a partire da Gesù, riconosca nel femminile la matrice del suo spirito anche se lo riconosce come una realtà a lui interiore come fosse una caratteristica propria del pensiero maschile che egli porta in sè, come la sua anima che lo mette in relazione con dio.

Questo evento tuttavia da inizio a una nuova era, l'era lungo la quale la donna stessa raggiunge la consapevolezza d'essere anch'essa figlia di dio e a lui consustanziale.

Ma anche lungo questa era, che è quella che si dà dall'avvento della coscieza cristica a tutt'oggi, dio resta ancora soltanto maschio anche agli occhi della donna che si sa simile a lui ma soltanto sul piano del pensiero, come l'uomo del resto che resta pertanto inchiodato sulla croce della separazione tra l'anima e il corpo ovvero tra lo spirito e la materia."


(Silvia Montefoschi, 2009 - cit. pag. 285-286)



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