Storia della psicoanalisi

Da LogicaUnitaria.

Per una storia della psicoanalisi: da Freud a Jung fino all'ultima psicoanalista (1895-1987)

La psicoanalisi è stato un vasto movimento di pensiero che ha fatto il suo esordio all'alba del Novecento e ha avuto nel lavoro del medico viennese Sigmund Freud il punto di partenza a partire dal 1895, anno convenzionale con la quale si data l'inizio del movimento teorico-pratico psicoanalitico.


Sigmund Freud e la scienza dei sogni

Sigmund Freud nato nel 1856 e morto nel 1939 alla vigilia della seconda guerra mondiale, era un medico specializzato in neurologia che aveva il suo ambulatorio a Vienna dove ha vissuto per tutto il resto della sua vita a parte il suo ultimo anno di vita a Londra dove si rifugiò per sfuggire in quanto ebreo alle deportazioni naziste nei campi di concentramento.

L'ipnosi, le associazioni di idee e i sogni

Dopo essersi dedicato all'ipnosi per la cura dei suoi pazienti ed essere passato in seguito al metodo delle associazioni di idee come nuova tecnica psicoterapeutica delle malattie mentali, abbandonò la tecnica dell'ipnosi per concentrarsi invece al metodo delle associazioni di idee che amplificò in seguito in maniera naturale con il metodo dell'interpretazione dei sogni che divenne il nucleo della nuova tecnica psicoterapeutica a partire dalla quale elaborò una nuova psicologia che chiamò psicoanalisi.

« L'interpretazione dei sogni [è] la via maestra per la conoscenza delle attività inconsce della mente »

(Sigmund Freud)

« Durante i lunghi anni in cui mi sono occupato dei problemi delle nevrosi, sono stato spesso assalito da dubbi e talvolta scosso nelle mie convinzioni. Ma ogni volta "L'interpretazione dei sogni" mi restituiva la certezza. »

(Prefazione alla II edizione de L'interpretazione dei sogni - Sigmund Freud)

L'opposizione alla psicoanalisi

In quanto ebreo e anche per le tematiche sessuali che trattava in un'epoca ancora vittoriana non ebbe vita facile, almeno fino all'adesione del tedesco ariano e cristiano Jung che infatti divenne ben presto il suo delfino e primo presidente dell'associazione psicoanalitica internazionale.

Espressione di questo clima di opposizione tra psicoanalisi e società è quanto Freud scrisse nel 1910:

« La società non avrà fretta di riconoscerci un'autorità. Essa è destinata a opporci resistenza perché noi abbiamo un atteggiamento critico nei suoi confronti: noi le dimostriamo ch'essa stessa svolge un'importante funzione nella causazione delle nevrosi. Nello stesso modo in cui ci rendiamo nemico il singolo scoprendo ciò che in lui è rimosso, così anche la società non può rispondere con cortese accoglienza alla spregiudicata messa a nudo delle sue insufficienze e dei danni che essa stessa produce; poiché provochiamo il crollo delle illusioni, ci si rimprovera di mettere in pericolo gli ideali. »

(Le prospettive future della terapia psicoanalitica - Sigmund Freud)

La diffusione della psicoanalisi dall'Europa agli Stati Uniti

Nel 1909 invitati da università americane l'austriaco Freud, lo svizzero Jung e l'ungherese Sándor Ferenczi si recarono negli Stati Uniti dove portarono la "peste psicoanalitica", come disse Freud ai suoi due illustri allievi.

Fu durante il lungo viaggio in nave attraverso l'Atlantico che iniziarono a prodursi alcuni motivi di tensione tra Freud e Jung, preludio della rottura di pochi anni dopo. Una volta arrivati a New York, ai tre pionieri se ne aggiunse un quarto, Ernest Jones, giunto dall'Inghilterra e futuro presidente dell'internazionale psicoanalitica di puro orientamento freudiano.

Freud aveva cinquantatré anni quando alla Clark University fu insignito del titolo di Dottore. Oltre a questa onorificenza, Freud ebbe modo di intessere relazioni anche con il più famoso filosofo e psicologo americano, William James, empirista radicale, il quale andò ugualmente ad ascoltarlo malgrado fosse molto malato. Ernst Jones riporta che, al termine dell'incontro tra Freud e James, questi si accomiatò dicendogli: "Il futuro della psicologia si affida al vostro lavoro".

Fu partire dal 1909, Abraham A. Brill iniziò a tradurre le opere di Freud e Jung in inglese.

Negli Stati Uniti Freud si sentì più a suo agio che in Europa, anche se in seguito (1925) confessò che in America, dove l'ingenua "dottrina del comportamento" si vantava di aver completamente eliminato la psicologia, la portata radicale di rivoluzione copernicana del suo pensiero non era stata mantenuta ma era stata abbondantemente annacquata.

Malgrado questi giudizi sulla psicoanalisi americana dati da Freud, nel 1931 a New York fu inaugurato il primo istituto psicoanalitico e l'anno dopo un secondo istituto a Chicago seguiti negli anni immediatamente successivi da altri diciassette istituti tutti facenti capo all'American Psychoanalytic Association che ne garantiva l'ortodossia.

Questi modi centralizzati e rigidamente gerarchici di organizzazione hanno fatto divampare negli anni seguenti (soprattutto a partire dagli anni quaranta) polemiche sia in Europa che in America, nelle quali è invalso parlare anche di "nuova chiesa psicoanalitica"

La disgregazione del primo movimento unitario psicoanalitico e i suoi due principali catalizzatori delle forze centrifughe interne al movimento

Nel 1911 ci fu la prima defezione all'interno dle moviemnto pscioanalitico con Alfred Adler, che diede nascita alla psicologia individuale e l'anno dopo Jung fu costretto ad abbandonare il movimento di Freud per la sua non ortodossa concezione della libido, che perdeva i caratteri esclusivamente di sessualità per divenire un concetto più ampio che includeva l'energetica psichica e si apprestava in prospettiva a realizzare il progetto di far confluire anche l'energetica fisica in una nuova teoria energetica più generale ancora che inglobasse in sè la realtà psichica e quella fisica grazie al concetto di "sincronicità".

In seguito altri psicoanlisti presero strade teoriche e pratiche diverse tuttavia i grandi nomi come quello del fondatore Freud e del suo ex delfino Jung impedirono che la frammentazione potesse avere ripercussioni negative sull'orientmento fondamentale comune psicoanalitico al di là delle differenze che era appunto la novità propria al metodo di indagine psicoanalitico e cioè l'analisi dell'inconscio.

Carl Gustav Jung e il ponte tra energetica psichica e energetica fisica

« Per come La conosco, Lei può meglio di chiunque altro continuare a portare a termine il mio lavoro. » (Lettera del dottor Freud al dottor Jung del 7 aprile 1907)


Alle radici del dissidio Freud-Jung: l'interpretazione del desiderio incestuoso e della successiva vicenda edipica

Nel 1912 apparve il saggio di Jung "La libido: simboli e trasformazioni". Si presentò immediatamente come il libro della discordia, poiché presentava una nuova concezione della libido e delle sue trasformazioni che si riassume in quella che sarebbe diventata la nuova impostazione teorica e clinica eretica di Jung: la concezione dell'incesto simbolico.

Per Jung, infatti, il limite di Freud relativamente alla tematica fondamentale dell'incesto è quello di attenersi ad una interpretazione meramente letterale del desiderio incestuoso, palesando così la sua incapacità di cogliere al di là di una interpretazione concretistica il significato spirituale dell'incesto in quanto simbolo.

Quanto Jung andava affermando era quindi grave nei confronti dei capisaldi della teoria psicoanalitica sino ad allora elaborata, a partire dalla ormai superata prima ipotesi del trauma infantile, perciò Jung indugiava nel decidere di dare alle stampe questo suo libro. Temeva infatti di perdere un'amicizia così importante e non aveva intenzione di separarsi dal movimento psicoanalitico: voleva semplicemente essere un ricercatore libero all'interno di un unico movimento. La moglie Emma Jung, anch'essa psicoanalista, lo rassicurò esprimendo il suo parere che i suoi timori fossero eccessivi e che quindi potesse esprimere le sue opinioni anche se divergenti.

Così non fu e tutti i suoi amici psicoanalisti, uno ad uno, non gli rivolsero più la parola, considerandolo da allora un traditore della causa a cui il movimento si era votato.


Un ponte tra psicoanalisi e scienza fisica: il concetto in Jung della libido come energia

Nella nuova concezione della libido in Jung, questa, intesa semplicemente come energia psichica, avrebbe dovuto fare da ponte tra la psicoanalisi e le nuove scienze della fisica.

« Concepivo la libido come il corrispondente psichico dell'energia fisica, e quindi, più o meno, come un concetto quantitativo, che perciò non avrebbe dovuto essere definito in termini qualitativi... non intendevo più parlare di istinti di fame, aggressivi, sessuali, ma considerare tutti questi fenomeni come manifestazioni diverse dell'energia psichica. »

(La libido: simboli e trasformazioni - Carl Gustav Jung)

« Anche in Fisica parliamo di energia e delle sue varie manifestazioni, come luce, calore, elettricità, etc. Lo stesso vale anche per la psicologia... Se concepiamo la libido come energia, possiamo averne una visione abbastanza unitaria... M'interessava stabilire anche per la psicologia un'uniformità simile a quella che nelle scienze naturali esiste come generale energetica. »

(La libido: simboli e trasformazioni - Carl Gustav Jung)

Come si sa, in seguito Jung elaborò un altro concetto che potremmo definire un ponte tra la psicoanalisi e le nuove concezioni della fisica che andavano maturandosi nei primi del Novecento: il concetto di sincronicità, anch'esso ulteriore rottura con il principio di causa-effetto tipico del metodo scientifico oggettivante utilizzato nel modo di elaborazione della psicoanalisi freudiana.


Pregiudizi sul significato della sessualità nella teoria psicoanalitica di Jung

In seguito si diffuse una vulgata semplificata della concezione junghiana della libido, tanto che Jung ebbe a lamentarsene:

« È un errore assai diffuso ritenere che io non veda il valore della sessualità. Al contrario, essa ha gran parte nella mia psicologia, come un'espressione essenziale - sebbene non la sola - dell'intera psiche. Ma il mio obiettivo principale è stato di investigarne - al di là del suo significato personale e della sua funzione biologica - l'aspetto spirituale e il significato numinoso, e così di chiarire ciò che affascinava tanto Freud, senza che egli sapesse coglierne il valore. I miei pensieri su questo argomento sono contenuti nei miei lavori "La psicologia del Transfert" e "Misterium Coniunctionis". La sessualità è della massima importanza come espressione dello spirito ctonio, poiché questo è l'"altra faccia di Dio", il lato oscuro dell'immagine divina. »

(Ricordi, sogni, riflessioni - Carl Gustav Jung)


Precisazioni di Freud sul carattere sessuale della libido

Freud sarebbe tornato sulla questione in "Introduzione alla psicoanalisi", in cui polemizzava apertamente con Jung:

« È evidente [...] che c'è poco da guadagnare accentuando, secondo il modo di procedere di Jung, l'unità originaria di tutte le pulsioni e chiamando "libido" l'energia che in tutte si manifesta. Dal momento che non c'è artificio che riesca a eliminare la funzione sessuale dalla vita psichica, ci vediamo costretti a parlare di libido sessuale e di libido asessuale. Il nome libido va pertanto impiegato per designare esclusivamente le forze pulsionali della vita sessuale, come finora abbiamo fatto. »

(Introduzione alla psicoanalisi - Sigmund Freud)

L'impressione, comunque, anche alla luce degli sviluppi futuri dei due orientamenti psicoanalitici principali, è che dietro questa diatriba sulla natura della libido ci fosse un disaccordo più profondo, cioè due modi diversi di intendere il desiderio incestuoso e il relativo tabù della vicenda edipica.


Jung e la sua grande paura di un naufragio nella psicosi

A partire dal momento in cui i due grandi a fondamento dell'edificio psicoanalitico imboccarono strade diverse, e Jung si ritrovava solo, senza altri punti di riferimento che se stesso, questi si immerse totalmente nella sua autoanalisi personale, come non aveva fatto prima. Egli arrivò ben presto, come più tardi confessò, a temere di dirigersi ineluttabilmente verso la psicosi, tanto potente e fascinoso risultava essere il materiale proveniente dall'inconscio, sia il suo che quello dei pazienti che si ritrovava a trattare. I suoi pazienti gli portavano nuovi contenuti provenienti da un unico inconscio ancora da chiarificare, ovvero da far riemergere alla luce della coscienza.[senza fonte]

Jung seppe prendere le sue dovute precauzioni e procurarsi "salvagente" e "scialuppe di salvataggio"; così infine l'isoletta della sua coscienza resse bene all'incontro con l'oceano dell'inconscio e non sprofondò in esso, anzi fornì la materia base dei suoi libri successivi.

Val la pena di riportare di questo periodo del percorso psicoanalitico di Jung, uno dei momenti più drammatici di questa sua discesa nelle profondità dell'inconscio, dove però si celano anche le altezze dello spirito. Orbene lo psicoanalista nella sua autobiografia racconta come, in un momento in cui era completamente vissuto da grandi tensioni psichiche, tanto che esse sembravano in procinto di sfociare in una vera e propria psicosi, in quel medesimo istante in cui stava per cedere dall'inconscio emerse un contenuto che si presenta simultaneamente come una benedizione, se compreso e quindi integrato al pensiero cosciente, e una maledizione se invece non compreso e quindi abbandonato a sé stesso nel regno dell'inconscio — quell'ambito oscuro e ombroso del non-sapere di sé.

Si trattava del famoso sogno della caccia all'eroe Sigfrido e della sua uccisione, che proponeva a Jung una trasformazione del suo atteggiamento verso la vita, proposta che si compendiava nel sacrificio dell'eroe quale mito appartenente ancora all'ego. Stava ancora a significare che egli non aveva ancora pienamente compreso il senso della rivoluzione psicoanalitica come nuova rivoluzione copernicana, che spodesta radicalmente l'Io dal suo posto centrale nel sistema psichico e lo detronizza gerarchicamente in favore dell'inconscio.

« Non appena mi svegliai mi misi a meditare sul sogno, ma senza riuscire a capirlo. Cercai perciò di riprendere sonno; ma una voce di dentro mi diceva: «Devi capire il sogno, e devi capirlo subito![...] Se non lo capisci, devi spararti!». Nel cassetto del comodino c'era un revolver carico, e cominciai a spaventarmi. Mi misi allora a riflettere di nuovo, e improvvisamente il significato del sogno mi si rivelò[...] vi sono cose più alte della volontà dell'io, alle quali bisogna sottomettersi[...] in me si sprigionarono nuove energie, che mi aiutarono a portare a compimento l'esperimento con l'inconscio. »

(Ricordi, sogni e riflessioni - Carl Gustav Jung)


La diffusione della psicoanalisi junghiana a livello mondiale giunge in Italia per il tramite del dottor Ernst Berhard

Rilevante per l'importanza e la diffusione di questa corrente di pensiero contemporanea è il medico pediatra berlinese Ernst Bernhard (1896-1965) collaboratore di Jung ma emigrato in seguito in Italia e pertanto considerato il padre della psicoanalisi di orientamento junghiano nel nostro Paese, che diversamente da altri discepoli di Jung sottolineò con particolare enfasi, anche nel suo insegnamento ai suoi nuovi allievi psicoanalisti italiani, il concetto junghiano di individuazione e come lo psicoanalista in quanto psicoterapeuta deve sempre essere un alleato costante ed intransigente delle istanze individuative del paziente anteponendole sempre a quelle della coscienza collettiva.

Questo insegnamento fu fatto proprio dai più eminenti psicoanalisti italiani di orientamento junghiano come Mario Trevi e Aldo Carotenuto[3] che andando oltre le polemiche interne alle varie scuole di psicoanalisi parlò di "psicoanalisi unificata". Su questa stessa linea si è mossa un'altra allieva di Ernst Bernhard, Silvia Montefoschi che fin dai primi anni sessanta lavorò in concreto a questa unificazione teorica dei tre indirizzi fondamentali della psicologia del profondo, freudiana, junghiana e adleriana, in una prospettiva coerente al metodo di pensiero dialettico che gli è sempre stato proprio.

Del resto lo stesso Jung, diversamento da quanto poi è stato veicolato dalla vulgata del suo pensiero sempre incline alle facili contrapposizioni polemiche, non ha mai negato la veridicità sia del principio di eros freudiano sia del principio della volontà di potenza adleriano ma soleva dire piuttosto che erano veri entrambi e tuttavia ciò che egli sottolineava con il suo proprio principio individuativo era che cosa sia eros che la volontà di potenza erano divenuti nella storia psicologica evolutiva del singolo individuo e del collettivo.

La psicoanalisi arriva in Italia

La prospettiva psicoanalitica in Italia fu portata da due psichiatri, Luigi Baroncini del manicomio di Imola, e Gustavo Modena del manicomio di Ancona. Essi la citarono in due loro saggi scientifici del 1908: rispettivamente, "Il fondamento e il meccanismo della Psicoanalisi" sulla Rivista di Psicologia, e "Psicopatologia ed etiologia dei fenomeni psiconeurotici: contributo alla dottrina di Freud" sulla Rivista sperimentale di Freniatria.

Trieste capitale italiana della psicoanalisi

Tuttavia fu Trieste la città italiana destinata a restare famosa come la sede dei primi pionieri italiani della psicoanalisi, prima del suo dilagare nel resto della penisola. A Trieste si trovava il primo vero psicoanalista italiano, Edoardo Weiss (1889-1971), che già all'età di 24 anni nel 1913 (si laureò in medicina a Vienna nel 1914) apparteneva all'Associazione psicoanalitica internazionale (International Psychoanalytical Association, fondata da Freud). Non fu lui però il fondatore della Società psicoanalitica italiana, che fu invece creata presso l'ospedale psichiatrico di Teramo dal relativo direttore: Marco Levi Bianchini nel 1925.

Weiss viene comunque considerato il padre della psicoanalisi italiana perché furono suoi allievi tre importanti psicoanalisti come il cattolico Emilio Servadio, Nicola Perrotti e Cesare Musatti, che hanno formato le successive generazioni di psicoanalisti italiani. Cesare Musatti, che inizialmente si avvicinò allo studio della psicoanalisi su ispirazione del suo maestro Vittorio Benussi, scrisse il primo grande Trattato di Psicoanalisi italiano (1949), su cui si sono formate generazioni di psicoanalisti.

Weiss fu inoltre il promotore del rilancio nel 1932 della Società Psicoanalitica Italiana (tuttora la principale società psicoanalitica italiana ad indirizzo freudiano) che fu trasferita da Teramo a Roma, e della creazione della "Rivista italiana di psicoanalisi", in una situazione che lo vedeva in aperta contrapposizione all'altro grande pioniere italiano, Marco Levi Bianchini.

Psicoanalisi e letteratura italiana

La psicoanalisi, le sue tematiche e il suo linguaggio cominciano a colonizzare la letteratura italiana a partire dal 1923, con la pubblicazione del romanzo "La coscienza di Zeno" del romanziere triestino, Italo Svevo. In questo romanzo si racconta di un personaggio che, dedito al vizio del fumo, decide di intraprendere una cura psicoanalitica per guarirne.

Anche nella poesia si fa sentire la ormai ineludibile presenza della psicoanalisi nelle opere poetiche di Umberto Saba, poeta triestino anch'esso. Il poeta tra l'altro era stato lui stesso in cura psicoanalitica proprio da Weiss, poiché soffriva di disturbi depressivi.

Un altro grande del novecento italiano fortemente influenzato dalla psicoanalisi fu senza dubbio Alberto Moravia, la cui cultura giovanile si forma negli anni 1916-25 e la cui presenza letteraria comincia nel 1925 col romanzo Gli indifferenti.

Nel 1964 esce il romanzo di Giuseppe Berto Il male oscuro in cui l'autore racconta il suo percorso dalla malattia alla guarigione, ottenuta con l'assistenza psicoanalica di Nicola Perrotti.

La psicoanalisi di orientamento junghiano a Roma

L'orientamento freudiano della psicoanalisi arrivò per primo in Italia, ma anni dopo (1936) uno tra i più autevoli esponenti dell'orientamento junghiano si stabilì a Roma. Si trattava di un rifugiato ebreo che giungeva da Berlino, un medico specializzato in pediatria, approdato in seguito alla psicoanalisi. Il suo nome era Ernst Bernhard e aveva compiuto la sua analisi didattica sia con Freud che con Jung.

In verità Jung risultava comunque già conosciuto in Italia sin dal 1903, poiché sulla rivista "Luce e Ombra" di Milano era apparsa una recensione della tesi di laurea di Jung "Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti", che Jung aveva dato alle stampe appena un anno prima nel 1902. A partire da quella data Jung verrà citato sulle pubblicazioni italiane sempre più spesso, ma Bernhard rappresentava l'arrivo della psicoanalisi in persona nella penisola.

A Roma Bernhard strinse amicizia con il decano dei freudiani italiani, Edoardo Weiss, che dal 1931 si era trasferito da Trieste a Roma. Fu proprio Weiss che lo aiutò a riprendere a esercitare la professione nella sua nuova città inviandogli i primi pazienti.

In Italia la situazione per gli ebrei divenne problematica con la proclamazione delle leggi razziali che entrarono in vigore nel 1938. In quello stesso anno la Società Psicoanlitica Italiana viene sciolta d'autorità.

Si racconta che le nuove leggi razziali, emanate dal governo fascista in ossequio alla politica di alleanza sempre più stretta con la Germania nazista, sconvolsero Weiss, che chiese consiglio e aiuto a Bernhard. Questi, che tra l'altro era avvezzo a praticare l'arte della divinazione, fece l'oroscopo aiutando Weiss a decidere la data della partenza per gli Stati Uniti, dove riuscì a rifugiarsi e a rimanere indenne dalle conseguenze delle leggi razziali.

Per Bernhard, che rimase in Italia, la sorte fu più drammatica per quanto, dati i tempi, comunque fortunata. A guerra già inoltrata fu arrestato e condotto in un campo di concentramento nel sud. Alcuni pazienti di Bernhard presto avvisarono un suo amico, un orientalista con il quale stava in quel momento collaborando, che non perse tempo per tentare l'impossibile mettendo, in moto ogni amicizia utile allo scopo. Infine Bernhard riuscì a tornare alla sua casa di Via Gregoriana 12 a Roma, anche se fino all'entrata degli americani nella città visse praticamente murato vivo in una stanza.

Sviluppi della psicoanalisi di orientamento junghiano dopo Bernhard

Ernst Bernhard, pur essendo tedesco va considerato come il padre di tutto il movimento psicoanalitico italiano di orientamento junghiano. È da lui, infatti, che hanno ricevuto la loro formazione i più noti psicoanalisti italiani junghiani come Mario Trevi, Aldo Carotenuto, Silvia Montefoschi.

La direzione del movimento psicoanalitico dalla pulsione alla relazione e dal contenuto rimosso al soggetto rimovente

La storia della psicoanalisi dal punto di vista della sola teoria: da una psicologia pulsionale ad una psicologia relazionale

La storia della psicoanalisi dal punto di vista delle vicende del movimento complessivo e delle singole diramazioni, nonché delle vicende dei singoli autori, incluse anche le dicerie, i pettegolezzi eccetera, non può non interessare lo storico, i cultori di storia o semplicemente gli appassionati di questa lunga vicenda. Essa ha coinvolto migliaia e migliaia di professionisti della medicina e i loro pazienti. Tuttavia, se volessimo sintetizzare questa storia di vicende e uomini in storia della sola teoria, potremmo, semplificando al massimo, organizzare il materiale come segue:

  • La psicoanalisi come psicologia pulsionale (Sigmund Freud e la sua scuola). La teoria delle pulsioni si presenta infatti come la teoria di base della psiconalisi delle origini, sebbene alcuni ravvedano in particolare negli scritti di Freud del 1912 e 1915 "Introduzione al narcisismo" e "Pulsioni e loro destino" un timido tentativo di andare nella direzione di un superamento della teoria delle pulsioni.
  • La psicoanalisi come psicologia dell'Io (Anna Freud e la sua scuola).
  • La psicoanalisi come psicologia delle relazioni oggettuali (Melanie Klein e la sua scuola).
  • La psicoanalisi come psicologia relazionale (psicologia del Sé, psicoanalisi interpersonale e la psicoanalisi intersoggettiva).

Gli ultimi esiti della ricerca psicoanalitica o l'avvenire di una scienza: dal contenuto rimosso al soggetto rimovente

Sigmund Freud negli ultimi sviluppi del suo pensiero aveva chiaramente dato indicazioni su come, nei suoi intendimenti, avrebbe dovuto procedere l'ulteriore evoluzione della psicoanalisi. Questa indicazione si può sintetizzare nello spostamento dell'attenzione teorica e clinica della nuova scienza dal rimosso al rimovente.

Questa indicazione viene fatta propria dalla figlia Anna Freud e dalla scuola della psicologia dell'Io, da lei iniziata senza ancora affrancarsi da una psicologia degli istinti.

Con Melanie Klein e la sua scuola, invece, ci si riesce, ponendo le basi per una concezione dell'origine relazionale dell'Io.

La psicoanalisi: una nuova ragione oltre la vecchia ragione

Il movimento ulteriore dell'elaborazione psicoanalitica è rimasto saldamente ancorato nei suoi esponenti più creativi e non ripetitivi a quella indicazione di Freud, recuperando sempre di più tuttavia il concetto di relazione, e conseguentemente di soggetto, a discapito della vetusta teoria degli istinti, che risente ancora delle origini della psicoanalisi in un'epoca in cui il positivismo trionfante non aveva ancora conosciuto la sua crisi.

Nel 1925 Freud scrisse con toni profetici, in occasione della morte di Karl Abraham, colonna portante e avanguardia della prima ora del movimento psicoanalitico: "Io me ne andrò presto, ma il lavoro deve essere continuato: in confronto alla sua mole siamo tutti ugualmente piccoli."

Non sanno di che parlano

Da allora sono stati molti i critici della psicoanalisi e malgrado la psicoanalisi abbia acquisito autorevolezza - anche in ambienti culturali oltre che in quelli dediti alla costruzione del sapere scientifico - negli anni queste critiche hanno continuato a crescere, contestando a volte la scientificità della creatura di Freud. Egli respingeva già allora le critiche rivolte alla psicoanalisi, non tanto sostenendo la conformità della teoria e della prassi psicoanalitiche ai criteri del metodo scientifico, quanto piuttosto sulla base dell'argomento che chi non aveva avuto "esperienza dell'inconscio" attraverso un'analisi non poteva sapere di cosa stesse parlando.

Silvia Montefoschi: per una psicoanalisi radicalmente e conseguentemente intersoggettiva

L'inconscio universale e l'intersoggettività oltre il tabù dell'incesto

Di questi allievi di Ernst Bernhard, Silvia Montefoschi, già impegnata ad una rilettura unitaria e dialettica dei vari orientamenti della psicoanalisi, a partire dal 1977 iniziò una copiosa produzione, tendente ad una rifondazione epistemologica della teoria e della pratica psicoanalitica, nella quale la legge del tabù dell'incesto quale legge universale dell'evoluzione a partire dal Big-Bang trova un posto centrale. Allo stesso modo il concetto di intersoggettività, quale infrazione di questo tabù, si fa promotore di un'ulteriore evoluzione e che pertanto da essa non viene inteso come in altri ambiti del pensiero psicoanalitico, che fanno uso di questo concetto d'intersoggettività per riferirsi soltanto ad una tecnica psicoterapeutica.

Nella prospettiva di una psicoanalisi fondata sul tabù dell'incesto quale legge universale del processo evolutivo, l'intersoggettività quale infrazione di questo tabù acquista il senso radicale di un "normale" modus vivendi dell'uomo e della donna di conoscenza impegnati nella "rivoluzione radicale del reale", o processo di individuazione universale.

Nel quadro di questa impostazione teorica affiancò ai concetti di inconscio personale freudiano e di inconscio collettivo junghiano il suo inconscio universale e rilesse l'intera storia della psicoanalisi e delle sue varie scuole, correnti e orientamenti, apparentemente nello stile dialettico di Hegel, come un tutto unitario. Secondo la Montefoschi la psicoanalisi coincide con la storia della psicoanalisi e, a sua volta, la psicoanalisi quale ultima filosofia o "ultimo pensarsi del pensiero alle soglie dell'infinito" costituisce l'ultimo brano della storia universale per cui con la stessa "morte della psicoanalisi", allorché avrà esaurito la sua funzione evolutiva storico-sociale, si conclude la preistoria dell'essere e l'essere quale soggetto pensante duale potrà continuare ad esserci, ma senza più bisogno per esserci di declinarsi necessariamente nell'oggetto. Così che l'uni-verso nel portare a compimento quel processo d'individuazione, che è appunto la storia dell'uni-verso, troverà infine la sua vera identità, alla cui ricerca è sempre stato mosso, nell'uno vero finale.


Il metodo psicoanalitico e/è il metodo dell'intersoggettività

Per Silvia Montefoschi la psicoanalisi è un metodo conoscitivo che abbraccia progressivamente tutti gli aspetti del reale: personale, collettivo, universale.

In "L'uno e l'altro. Interdipendenza e intersoggettività nel rapporto psicoanalitico" pubblicato nel 1977, esplicita la relazione analitica tra analista e analizzando in senso relazionale, descrivendola come il passaggio dal rapporto di interdipendenza al rapporto di intersoggettività.

L'intersoggettività tra analista e analizzando si realizza quando ciascuno riconosce l'altro come soggetto della relazione e non più come oggetto di soddisfacimento dei propri bisogni. In quest'ottica radicalmente intersoggettiva rilegge tutto il metodo psicoanalitico.


Il tabù universale dell'incesto simbolico legge dell'evoluzione universale

La dinamica del tabù dell'incesto nella sua doppia formulazione come violabile e inviolabile ad un tempo, viene letta come dinamica conoscitiva e considerata come teoria della conoscenza e dell'evoluzione. In questo fedele al dato di fatto che la dinamica del tabù dell'incesto è sempre stata quella teoria della conoscenza che la psicoanalisi, sin dal suo primo nascere con Freud, porta con sé.

Il suo pensiero si sintetizza nel 1985 con la pubblicazione de Il sistema uomo; il passaggio dall'interdipendenza all'intersoggettività viene esteso oltre il rapporto psicoanalitico, e applicato a tutta la conoscenza del reale.

L'uomo, riflettendo su di sé, si accorge di essere Soggetto riflessivo e non si identifica più unicamente con l'Io e con la corporeità. Il Soggetto riflessivo coglie la propria coincidenza con l'Essere tutto del reale, anzi, è l'Essere stesso che conosce progressivamente se stesso attraverso il pensiero umano, culmine di tutta la storia della conoscenza della realtà.

Nel 1987, con Il principio cosmico o del tabù dell'incesto, che reca come sottotitolo Storia della preistoria del Verbo, Montefoschi aprirà l'ultima fase del suo pensiero. Il libro interpreta tutta la storia dell'universo come la progressiva evoluzione del Pensiero, che conosce se stesso attraverso le forme viventi che incarnano livelli di riflessione via via sempre più elevati ed ampi.

Negli ultimi anni questo processo evolutivo è descritto più compiutamente: l'Essere (il Pensiero Uno), quale ideante, si dice nell'idea come effetto del suo ideare. Così l'universo passa dalla potenza all'atto sin dal primo momento del conoscersi (il big bang). In questa conoscenza, che necessariamente differenzia l'ideante (il soggetto) dall'idea (l'oggetto), l'Essere quale Pensiero Uno si frammenta via via nella materia.

Come il termine uni-verso fa intendere, finalità ultima della conoscenza dell'Essere è quella di recuperare a sé in modo dialettico il Pensiero Uno, andando oltre la frammentarietà del reale. Per questo Montefoschi teorizza un ultimo salto riflessivo oltre il "sistema uomo", dove l'Essere si conoscerà originariamente come essere duale, intersoggettivo.


La storia della psicoanalisi ultimo brano della storia dell'universo

« E la psicoanalisi svelando l'unitarietà di tutti gli ambiti dello scibile, è arrivata alla visione unitaria dell'essere [...] »

(L'ultimo tratto di percorso del Pensiero Uno - Escursione nella filosofia del XX secolo, 2006, Silvia Montefoschi)

La psicoanalisi, proprio come metodo di continua riflessione su di sé e sulla realtà, secondo la Montefoschi segnerebbe l'avvento di quest'ultimo salto evolutivo della conoscenza.

Simbolicamente questo salto coincide con il recupero a sé del femminile da parte del Pensiero Uno che, sinora nella storia, si è vissuto solo come soggetto maschile. Infatti, all'uomo sempre è stato dato il ruolo di portatore del pensiero e dello spirito, mentre la donna si è sempre identificata nell'essere che doveva portare avanti l'oggettualità materiale della vita.

Ma sarebbe un errore e comunque riduttivo interpretarlo come una presa di posizione in difesa della donna, che è tipica del femminismo classico. Il pensiero qui si muove piuttosto in difesa dell'emancipazione del pensiero stesso, in quanto il femminile è prima di tutto una funzione del pensiero la cui emancipazione è necessaria principalmente per poter finalmente esercitare per la prima volta la vera funzione del pensiero, che è quella di pensare l'amore così come di riflesso la vera funzione dell'amore è quella di amare il pensiero.

Il testo che traccia quest'ultima tappa del pensiero di Montefoschi è in particolare "La storia di colui che è narrata in coloro che sono" (2005).

La psicoanalisi oltre la psicoanalisi: il Pensiero Uno

Nel 1987 Silvia Montefoschi la psicoanalista si incontra con Giovanni l'evangelista, nasce così un nuovo archetipo, l'archetipo dell'ultima coniunctio ma questa è un'altra storia anzi termina qui la storia e non solo la storia della psicoanalisi ma la stessa storia dell'intero universo ed inizia la vita della sola relazione infine emancipatasi dalla sua storia divenuta infine ontologicamente insignificante.


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Per una conoscenza più approfondita della vita e le opere della psicoanalista Silvia Montefoschi consultare la pagina Silvia Montefoschi da biologa a medico-psicoanalista (1926-2011)


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