Teilhard de Chardin

Da LogicaUnitaria.

«Tutto ciò che sale converge» (Teilhard de Chardin)


Marie-Joseph Pierre Teilhard de Chardin nato in Francia a Orcines il 1º maggio 1881 muore a New Yor il 10 aprile 1955.

Padre gesuita, filosofo, teologo, geologo, paleontologo e paleoantropologo francese fu conosciuto in vita soprattutto come scienziato evoluzionista e ebbe notorietà come teologo soltanto dopo la pubblicazione postuma dei suoi principali scritti.

Nella sua opera principale "Il fenomeno umano" in un'ottica evoluzionista traccia una storia dell'universo che arriva fino alla fine dei tempi apocalittici, al punto di convergenza finale dove il Cristo costituisce il momento terminale di una specie in evoluzione oltre l'uomo stesso e con questa profezia di un oltre-umano da venire non possiamo non associarlo in qualche modo ad altre simili profezie enunciate nel corso della modernità da altri pensatori come Friedrich Nietzsche e Sri Aurobindo.

Giancarlo Vigorelli in un suo libro del 1963 lo definì già nel titolo "il gesuita proibito" a suo tempo quando la teoria evoluzionista era ancora considerata una eresia per la chiesa cattolica.

La vita

L'eresia teilhardiana sul peccato originale e la pronta punizione dei superiori dell'ordine dei gesuiti

Nel 1919 ottenne i diplomi in geologia, botanica e zoologia per la laurea in "Scienze Naturali" alla Sorbona di Parigi, dopo di che segue anche i corsi di paleontologia umana che concluse nel 1920 terminando così la tesi di laurea su "I mammiferi dell'Eocene inferiore francese e loro giacimenti". Ottiene quindi l'incarico del corso di paleontologia e geologia all'Istituto Cattolico di Parigi.

Nel tentativo di conciliare la teoria evoluzionista e la dottrina del peccato originale, espresse opinioni non conformi alla dottrina ufficiale della Chiesa in un documento inviato ad alcuni teologi di Lovanio. I superiori del suo ordine gesuita, con un provvedimento disciplinare, lo costrinsero a dimettersi dall'insegnamento di materie filosofico-teologiche, lo invitarono a non pubblicare più nulla su questi temi e gli imposero il trasferimento in Cina, dove si era già recato nel 1923 per conto del "Museo di Storia naturale di Parigi", e dove rimase dal 1926 al 1946.

La sintesi Uno-Molteplice: le vie della mistica orientale e occidentale verso l'Uno

Durante la lunga permanenza nel continente asiatico, approfondita la mistica indiana, cinese, giapponese, avviò la riflessione sui rapporti tra l'Uno e il Molteplice e scrisse, nel 1932, il saggio "Route de l'Ouest. Vers une mystique nouvelle" e nel 1947, appena ritornato definitivamente in Europa, "L'apport spirituel de l'Extreme-Orient. Quelques réflexions personneles".

Ritenne che la via orientale all'Uno, espressasi nelle sue tre più importanti direzioni di ricerca mistica, costituisse il punto di unione tra la mistica occidentale e quella orientale: ritenne che l'India fosse stata l'iniziatrice della mistica mondiale con il "ciclone mistico" originatosi nella valle del Gange; fece proprio il desiderio di unità, l'attaccamento alla Terra, il senso dell'equilibrio con il cosmo indiani, il sentimento umano della compassione e del collettivo della Cina, il valore della socializzazione del Giappone. Tuttavia sostenne che la via dell'Oriente, a differenza del Cristianesimo, non fosse riuscita a realizzare una sintesi soddisfacente perché, in questa tradizione, l'aspirazione a realizzare l'Uno si scontrerebbe con il molteplice visto come negatività ed ostacolo all'ascesi come percorso verso l'Uno, dove i fenomeni, anziché manifestare l'Uno a cui si aspira nell'abbraccio mistico, lo nascondono.

Il ritorno in Europa: una nuova punizione dal Vaticano

Nel 1946 ritornò a Parigi dove fu nominato direttore di ricerca al "Centre national de la recherche scientifique".

Gli venne proposta una cattedra al Collège de France; nel 1948 si recò a Roma per chiedere l'autorizzazione delle autorità della Chiesa a proporre la sua candidatura ad una cattedra al Collège de France, ma l'autorizzazione gli fu rifiutata e fu invitato a lasciare la Francia.

Si trasferì a New York nel 1951 dove fu nominato collaboratore permanente della "Wenner-Gren Foundation for Anthropological Research", una fondazione di ricerche antropologiche per cui si recò due volte in Africa (Sud-Africa e Rodesia), nel 1951 e nel 1953. Fu promosso al grado di ufficiale della Legion d'Onore nel 1947 ed ottenne una cattedra all'Institut de France nel 1950.

Andò a vivere stabilmente negli Stati Uniti, ma dopo pochi anni morì per attacco cardiaco il giorno di Pasqua del 1955.

L'accusa di panteismo

La pubblicazione dei suoi scritti innescò immediatamente accese polemiche, che devono essere inquadrate fra i contrasti tra tradizionalisti e innovatori, che precedettero il concilio Vaticano II. Non appena il suo pensiero cominciò a diffondersi e soprattutto a partire dagli anni sessanta venne accusato di panteismo, intendendo con ciò escluderlo dall'ortodossia cattolica.

Secondo Teilhard de Chardin, però, l'accusa di panteismo, la principale e maggiormente reiterata, era frutto di un fraindendimento della sua visione cosmologica:

«Dapprima, mi hanno considerato un ottimista o un utopista beato, un sognatore di uno stato d'euforia umana in un qualche futuro. Poi, cosa più grave ancora, si va ripetendo che sono il profeta di un universo che distrugge i valori individuali. In verità, la mia più grande preoccupazione è stata quella di affermare che l'unione fra l'uomo e Dio, fra l'uomo e l'altro uomo, fra l'uomo e il cosmo non annulla mai la differenza. Io mi trovo agli antipodi sia di un "totalitarismo sociale" che porta al termitaio sia di un "panteismo induizzante" che conduce ad una fusione e un'identificazione fra gli esseri.» (Teilhard de Chardin)

Il Monitum del Sant'Uffizio

Le reazioni della curia romana della Chiesa cattolica non tardarono a manifestarsi di fronte ad un pensiero così controcorrente e innovativo rispetto alla tradizione. La curia, tuttavia, rinunciò a mettere all'"indice" le sue opere e trovò più opportuno optare per un più moderato "monitum". Infatti non erano ancora stati pubblicati i primi volumi che già nel 1958 il Padre Generale Janssens dovette comunicare alla Compagnia di Gesù che un decreto del Sant'Uffizio, presieduto dal cardinale Ottaviani, imponeva alle congregazioni religiose di ritirare le opere del gesuita da tutte le biblioteche. Nel documento si può leggere come i testi del gesuita «racchiudono tali ambiguità ed anche errori tanto gravi che offendono la dottrina cattolica» per cui si imponeva al clero di allertarsi per «difendere gli spiriti, particolarmente dei giovani, dai pericoli delle opere di P. Theilard de Chardin e dei suoi discepoli».

Il testamento di Teilhard de Chardin: superare l'umanesimo e gli ormai obsoleti ideali di armonia ereditati dall'antica civiltà greca

Pochi giorni prima di morire, in una delle sue ultime lettere, del 30 marzo 1955 - l’ultima la scriverà l’8 aprile - esprimeva l'idea di volere scrivere un saggio, "Umanesimo e umanesimo", in cui avrebbe espresso l'idea che ciò che fino ad allora si era chiamato "umanesimo" con le sue radici in Grecia, andasse abbandonato definitivamente e soppiantato da un nuovo umanesimo, ispirato non più all'uomo armonicamente sviluppato, ma all'uomo pienamente evoluto che si eleva al di sopra di sé per raggiungere il suo vero fine nell'essere sovra-umano.

Il "credo" di Teilhard de Chardin

«Credo che l'Universo sia un'Evoluzione.

Credo che l'Evoluzione vada verso lo Spirito.

Credo che lo Spirito si compia in qualcosa di Personale.

Credo che il Personale supremo sia il Cristo-Universale»


(Teilhard de Chardin "In che modo io credo", 1934)


La morte di infarto nel giorno di Pasqua e l'amore impossibile tra Teilhard de Chardin e Lucille Swan ovvero lo scacco dell'amore a tre termini: l'uomo, la donna e Dio

Va premesso che sotto l'influenza della "Divina Commedia" di Dante e della seconda parte del "Faust" di Goethe Teilhard de Chardin nel 1918 scrive un testo dal titolo "l’Eterno femminino".

Già in precedenza questo "eterno femminino" si era incarnato in volti di donne reali e concrete presenti nella sua esistenza ma all'età di 48 anni irrompe nella sua vita una donna in particolare.

Teilhard de Chardin e l'americana Lucille Swan si incontrarono per la prima volta a Pechino nel 1929 e lì si frequentarono per dodici anni ma le lettere tra Teilhard e Lucille vanno dal 1932 fino alla morte di Teilhard nel 1955.

Lucille era scultrice, divorziata, appena arrivata a Pechino dall’Iowa. Conobbe Teilhard dal dottor Grabau, un geologo americano, nell’autunno 1929. Teilhard aveva quarantotto anni, Lucille nove di meno. I due divennero buoni amici. Nel 1932 Lucille realizzò il primo busto di Teilhard. Nel suo studio, quando lui posava come modello, continuavano le loro lunghe conversazioni. Nell’autunno di quell’anno, Teilhard partì per la Francia e si assentò per sei mesi. Dalla nave scrisse la sua prima lettera a Lucille (30 agosto 1932). L’anno seguente si recò negli Stati Uniti e le lettere divennero più frequenti, a intervalli di sei o tredici giorni.

Di fatto la loro fu molto di più di una semplice amicizia. Non condivisero solo le stesse idee, ma anche la vita, fin nei minimi dettagli.

«L’amicizia è indubbiamente la forma più alta dell’amore, e anche la più difficile. I miei istinti di donna sono così forti. Imparare a controllare questo amore è così difficile»

(brano tratto da una lettera di Lucille Swan a Teilhard de Chardin)

Verso la fine del 1954 Teilhard cadde per strada a New York durante una passeggiata. All’ospedale chiese di Lucille. Lei giunse immediatamente e lo rassicurò del suo amore. In seguito Teilhard ritornò nella residenza gesuita da dove scrisse una lettera per ringraziarla:

«Convergiamo, voi e io, coraggiosamente e gioiosamente, verso il nuovo volto di Dio che ci attira l’un l’altro.»

Nella sua ultima lettera del 30 marzo 1955 a Lucille, Teilhard le comunica:

«Ho veramente bisogno della vostra presenza, della vostra influenza nella mia vita [...]. Noi siamo sempre qui l’uno per l’altro».

La sera della domenica di Pasqua del 1955, il 10 aprile, Teilhard morì di infarto mentre parlava con alcuni ospiti a New York.

Documentazione da cui ho ricavato molte informazioni in merito a questo argomento qui da me trattato solo per sommi capi e a cui rinvio gli interessati per ulteriori approfondimenti:

Il pensiero

Il contesto storico in cui si inserisce l'elaborazione scientifica-teologica teilhardiana

Per lungo tempo l'uomo si era pensato come parte di un cosmo statico poi, tra il XVIII secolo e il XIX secolo fece irruzione nella storia del pensiero la nuova idea di evoluzione quando Kant e Laplace ipotizzarono che i corpi celesti come il sole e i pianeti si fossero generati progressivamente a partire da una nebulosa originaria.

Questo nuovo approccio basato su un'idea di evoluzione si sviluppò nella biologia e nella zoologia. Protagonisti di questa nuova interpretazione della natura furono Buffon con Les èpoques de la nature (1778) e Darwin con L'origine delle specie (1859).

Dall'evoluzione della vita all'evoluzione della materia, un ulteriore passo avanti fu fatto quando venne introdotta in fisica la nozione di entropia.

Teilhard visse appunto nell'epoca in cui l'idea di evoluzione faceva il suo avvento e con la sua opera interpretò l'evoluzione non come idea estranea e avversa alla teologia cristiana, ma come idea presente implicitamente fin dall'inizio nella figura del Cristo, che rilesse alla luce dell'apporto del pensiero scientifico come evolutore ovvero non estraneo ma proprio come punto omega , punto finale d'arrivo di un cosmo in evoluzione.

L'ontologia teilhardiana

Ne "Il cuore della materia" del 1950, racconta che fin da bambino era attratto senza saperlo dall'idea di consistenza e che il suo primo idolo o dio infantile era rappresentato dal "Dio di Ferro" cioè la materia nel sembiante del ferro poiché con la sua solidità ben gli rappresentava questa proprietà dell'essere e che gli rappresentava anche l'essenza delle cose, ciò che non passa ovvero l'opposto dell'effimero, fino a che non scoprì che il ferro si rigava e si arrugginiva. Solo in seguito raggiunse la convinzione che la consistenza non era data dalla sostanza in sé bensì dalla convergenza: questo di convergenza diverrà negli anni uno dei concetti fondamentali del pensiero teologico e scientifico teilhardiano sull'essere, la sua ontologia.

L'inno alla materia del "gesuita proibito"

«Benedetta sii Tu, universale Materia,

Durata senza fine, Etere senza sponde,

triplice abisso delle stelle, degli atomi e delle generazioni,

Tu che eccedendo e dissolvendo le nostre anguste misure

ci riveli le dimensioni di Dio.»

Una cosmologia evoluzionista ma non materialista

In un'epoca materialista e positivista dove la scienza ma soprattutto la tecnica celebrava il suo trionfo, Teilhard de Chardin rigettò sia il materialismo che il positivismo ma fece sua la visione evoluzionista, estendendola al mondo delle realtà cosiddette spirituali.

In questo contesto il concetto di natura andava inteso nel senso che:

Il cosmo sorto con l'esplosione della singolarità gravitazionale nel big bang si dirige in maniera naturale a divenire vita;

La vita a sua volta con la stessa identica naturalità esprime il suo movimento verso l'umanizzazione, la comparsa dell'uomo;

L'uomo sempre naturalmente tende al raggiungimento di uno stadio ultra-umano dove lo spirito sempre in maniera naturale e per nulla soprannaturale tende a liberarsi lentamente ma definitivamente della sua base di origine materiale.


Ominizzazione e umanizzazione, biosfera e noosfera

Il disegno evolutivo per Teilhard de Chardin si snoda a partire dalla pre-vita o mondo inorganico fino ad arrivare alla vita propriamente detta, che nel suo svilupparsi costituisce la biosfera.

È a partire da questo momento dell'evoluzione dell'universo che si dà il fenomeno dell'ominizzazione quale punto di passaggio dalla biosfera alla noosfera o mondo del pensiero, che si realizza tramite la capacità umana della riflessione.

Mentre quindi con il concetto di ominizzazione egli intende riferirsi al lungo processo di evoluzione biologica che è sfociato nella apparizione della specie umana, con il concetto di umanizzazione rimanda invece alla fase evolutiva successiva all'ominizzazione dove compaiono con un continuo accrescimento della coscienza aspetti umani di tipo spirituale e morale. Al culmine dell'evoluzione dell'universo, l'ultima parola dell'ultimo capitolo è il Cristo cosmico che in questa visione è quindi paragonabile ad una sorta di nuova molecola del DNA ancora da venire, nella quale la vita compie un salto qualitativo, come un tempo le singole molecole hanno compiuto, allorché si sono aggregate nella nuova macromolecola del DNA appunto, molecola che ha aperto un nuovo capitolo nella storia dell'universo.


Comunicazione, organizzazione e punto omega

Per Teilhard l'evoluzione continua ad opera delle singole coscienze umane che comunicando tra loro danno vita a una sorta di superessere da non confondersi con il super-uomo di Nietszche che non tiene in conto il fenomeno della comunicazione crescente tra gli individui. Per Teilhard cioè non è ormai più al livello dei soli singoli individui che il processo evolutivo si realizza, e al proposito scrisse:


«Rien dans l'univers ne saurait résister à un nombre suffisamment grand d'intelligences groupées et organisées»


«Niente nell'universo potrebbe resistere a un numero sufficientemente grande di intelligenze raggruppate e organizzate.»

In questo nuovo movimento evolutivo caratterizzato dalla comunicazione promotrice di convergenza dei singoli individui in un unico super-individuo collettivo egli vede non un "Dio in costruzione" come prima di lui Ernest Renan aveva concepito o - in maniera più sarcastica - Sigmund Freud in L'avvenire di una illusione - ma la stessa specie biologica umana che, grazie al pensiero e alla comunicazione, si raggruppa e si organizza per convergere su se stessa in un nuovo unico super-organismo per raggiungere infine Dio, questo ipotetico Punto Omega che rappresenterebbe di fatto e senza rimpianto alcuno la fine dei tempi.


Lo spirito è più della vita: il significato evolutivo dell'amore biologico

«Ma la maniera più espressiva e più intimamente esatta di raccontare l'Evoluzione universale consisterebbe probabilmente nel rintracciare l'Evoluzione dell'Amore.»

(Teilhard de Chardin in "Lo spirito della Terra")

Già a Bergson era accaduto di commentare come in natura la vita sia più reale degli stessi viventi che infatti passano ma la vita resta.

Con lo stesso significato ma con un'altra terminologia -"la vita che non passa è identificata da Teilhard con lo spirito- si possono intendere certe affermazioni del religioso su questioni inerenti al malthusianesimo:

«Lo spirito è più della vita; ora certi organismi religiosi condannano il malthusianesimo nel dominio della vita, ma lo praticano nel dominio del pensiero»

Nell'esporre la concezione della funzione evolutiva dell'amore a cui è pervenuto, inizia dalla constatazione che l'amore non è un fenomeno limitato solo all'umanità, che se è più facile riconoscerlo nei mammiferi (poiché in essi si esprime con modalità più vicine a ciò che è umano: passione sessuale, istinto paterno o materno e finanche nella solidarietà sociale), nel momento in cui si scende verso le radici dell'"albero della vita" questa chiarezza comincia a venir meno.

Teilhard esprime la convinzione che ciò che noi chiamiamo amore esiste addirittura a livello delle semplici molecole e che è proprio quello stesso amore che si manifesta al livello umanizzato nelle nostre vite.

Il ragionamento è: se l'amore non fosse presente già nelle forme più semplici o meno evolute dell'universo, non potrebbe manifestarsi come forza universale nemmeno ai suoi livelli più alti e più complessi.

Teilhard interpreta l'amore come vera e propria forza gravitazionale con funzione centripeta capace cioè di attrarre o di curvare lo spazio-tempo in quella direzione dell'universo ch'egli chiamerà "punto omega", il centro dei centri, e che non è una astrazione ma una persona: il Cristo che chiama tutto e tutti a sé e che parimenti è anche la fine del mondo, nei secoli tanto paventata e invece cantata da Giovanni nell'Apocalisse.

Questa idea teilhardiana dell'amore non è nuova nella storia del pensiero poiché vi è presente fin dai Dialoghi di Platone e poi verrà ripresa ancora nel medioevo da Nicola Cusano: grazie alla forza dell'amore i frammenti del mondo si cercano per ricostituire il mondo in unità. Quello che invece appare all'occhio dell'astronomo come forza gravitazionale, per Teilhard è invece solo il rovescio o l'ombra di ciò che muove realmente la natura, per Teilhard infatti le cose hanno un interno, una interiorità, per cui l'amore esprime la convergenza psichica dell'universo su se stesso.

Teilhard de Chardin ritiene che ormai la specie umana è riuscita a conquistare e a dominare ogni forma di energia, e proprio per questo sembra essere venuto il momento di mettere all'ordine del giorno l'umanizzazione di un'ultima forma di energia che sembra avere in gran parte tralasciato: l'amore.

«Un giorno o l'altro, dopo l'etere, i venti, le maree, noi capteremo per Dio le energie dell'amore. Allora, per la seconda volta, l'Uomo avrà scoperto il Fuoco.»

(Teilhard de Chardin "L'evoluzione della Castità")

Nello stesso tempo non dissimula che molti amori spirituali siano «finiti nel fango», ma questa sembra essere comunque la direzione dell'evoluzione senza possibilità di altra alternativa di un maggiore e rinnovato ordine che solo ha permesso e continua a permettere la continuità della vita.

Una necessità per l'evoluzione dell'amore: il superamento della famiglia

A partire da quelle iniziali riflessioni sull'amore e sulla donna, scaturite quando Teilhard de Chardin si trovava in trincea nel pieno della prima guerra mondiale, matureranno in seguito in tutt'uno con l'uomo di religione.

L'amore, «forza prima» dell'evoluzione che va evoluto affinché possa divenire l'amore grande: ovviamente per questa prospettiva Teilhard parla di tempi lunghi, poiché per la specie umana sembrerebbe molto più semplice evolversi economicamente e tecnologicamente che fare qualche passo in avanti lungo la prospettiva dell'evoluzione dell'amore.

Come egli disse:

«L'Uomo e la Donna per il figlio - ancora e per molto tempo, sinché la vita terrestre non sarà giunta a maturità. Ma l'uomo e la donna l'uno per l'altro, sempre di più e definitivamente.»

E ancora in un altro testo riformula sinteticamente tale visione di superamento evolutivo:

«E alla fine, è il Centro totale stesso che, ben maggiormente del figlio, appare come necessario al consolidamento dell'amore. L'amore è una funzione a tre termini: l'uomo, la donna e Dio.»

(Teilhard de Chardin "Esquisse d'un Univers personnel")

L'utopia teilhardiana dell'avvento di una super-umanità

Teilhard è convinto che la sua visione della nascita della Super-Umanità sia già in qualche modo destinata a realizzarsi poiché

«È più facile che la Terra smetta di girare che l'umanità, presa nel suo insieme, di organizzarsi e di unificarsi.»

(Teilhard de Chardin "L'avvenire dell'Uomo")

Allora l'unificazione universale si consumerà sì che le parole di Giovanni il veggente troveranno la loro attuazione:

«E le cose di prima sono passate»

(Apocalisse di Giovanni)

La voce dell'amore universale che due millenni fa ha parlato con tono pacato: "amatevi gli uni gli altri" e che era stata assunta dall'umanità più religiosa come un codice di perfezione morale e dai più laici comunque come un metodo pratico per ridurre quanto più è possibile gli attriti e le sofferenze della vita terrestre, a detta di Teilhard sembra allo stato attuale dell'evoluzione farsi minacciosa introducendo l'elemento dell'annichilimento tipico della nuova era della guerra atomica:

«Le menti "realistiche" possono pur deridere i sognatori che parlano di un'Umanità cementata e bardata non già di brutalità ma d'amore. [...] Questo scetticismo e quelle critiche non potrebbero impedire che la teoria e l'esperienza dell'Energia spirituale siano d'accordo per avvertirci che "siamo giunti ad un punto decisivo dell'evoluzione umana" in cui l'unica via di uscita in avanti si trova nella direzione d'una comune passione e d'una "cospirazione".»

(Teilhard de Chardin, "L'energia umana", 1937)

Influenze filosofiche sul pensiero di Teilhard de Chardin

Alcuni studiosi ritengono che sulla formazione della visione teilhardiana abbiano influito

  • Henri Bergson con L'evoluzione creatrice per la distinzione tra "tempo" e "durata", nonché per il concetto di slancio vitale
  • Leibniz in particolare per quanto riguarda l'uso del concetto di "monade"
  • Henri Poincaré, Pierre Duhem, Blaise Pascal
  • Maurice Blondel (che negli anni venti commentò favorevolmente alcuni saggi del gesuita:

«Letteralmente condivido anche (e ho condiviso in ogni tempo) le idee e i sentimenti del reverendo padre Teilhard nei confronti del problema cristologico. Davanti agli orizzonti ingranditi della scienza della natura e dell'umanità, non si può, senza tradire il cattolicesimo, rimanere su spiegazioni mediocri e a modi di vedere limitati che fanno del Cristo un incidente storico, che lo isolano nel Cosmo come un episodio posticcio, e sembrano fare di lui un intruso o uno spaesato nella schiacciante e ostile immensità dell'Universo»

  • Spinoza nel rifiuto di ogni dualismo in favore del monismo nei rapporti tra Dio e il mondo "In Christo vivimus, movemur et sumus")
  • Nietzsche, per Teilhard "carità evangelica" non può avere nulla a che fare con la "diletta e umile dolcezza di montone" ma deve essere una carità dinamica, evolutiva e quindi da non intendersi più solo come medicina atta a curare le ferite ma come amore attivo che muove l'evoluzione. Nell'oltre-uomo nietzschiano Teilhard non vede che una estrapolazione troppo semplicistica del passato, che non tiene per nulla conto del moderno fenomeno di comunicazione crescente tra gli individui, cioè non è più al livello dei soli singoli individui che il processo evolutivo ormai si realizza, questo super-uomo non può che essere la super-umanità, un unico organismo sociale centrato su se stesso come un solo unico super-individuo)
  • Marx-Engels: Teilhard esalterà la socializzazione e solo in questo senso anche la fiducia nell'uomo, e affermerà l'esistenza di una dialettica della natura prima ancora che nella storia, dialettica che proprio in quanto non ancorata alla volontà di singoli o di gruppi sta alla base della prospettiva di trasformazione in senso evolutivo. Oltre a ciò con l'insieme della sua elaborazione ha anche espresso la volontà di liberarsi della religione intesa come alienazione ovvero mistificazione, mito e rappresentazione non ancorati alla realtà effettiva nella sua verità). Per Teilhard, nel paragone degli esseri umani a atomi, l'utopia del comunismo sembrava auspicare la molecola mentre egli auspicava la macromolecola del DNA: più ancora che la semplice uguaglianza, un vero e proprio corpo unico.

«Non bisogna orientarsi in direzione di individui anatomicamente super-cerebralizzati, ma in quella di gruppi super-socializzati, se si vuole intravedere il volto della Super-Umanità.»

(Teilhard de Chardin "Super-Umanità, Super-Cristo, Super-Carità", 1943)

«...nel lontano avvenire si delinea uno stato finale in cui (più ancora delle cellule di un cervello) noi formeremo un unico sistema, ultra-complesso, e, di conseguenza, ultra-accentrato.»

(Teilhard de Chardin "L'avvenire dell'Uomo")

«Continuare a riporre le nostre speranze in un ordine sociale ottenuto con la violenza equivarrebbe semplicemente per noi ad abbandonare ogni probabilità di portare a compimento lo Spirito della Terra»

(Teilhard de Chardin "L'Energia umana")

«Soffriamo e ci preoccupiamo constatando che i tentativi moderni di collettivizzazione umana, in contrasto con le previsioni della teoria e con la nostra stessa attesa, non conducono che ad un abbassamento e ad un asservimento delle coscienze. Ma quale strada abbiamo sinora seguita per unificarci? Una situazione materiale da difendere. Un nuovo settore industriale da aprire. Migliori condizioni di vita per una categoria sociale o per nazioni sottosviluppate...Ecco i soli e mediocri terreni sui quali abbiamo a tutt'oggi tentato di avvicinarci.»

(Teilhard de Chardin "Il Fenomeno umano")

Il confronto con la psicoanalisi: una nuova umanità oltre l'Edipo

Sempre sintomo di questo "tramonto dell'uomo" e di questa nuova epoca è la nuova visione dell'uomo oltre l'edipo e quindi riconciliato con l'inconscio proprio della psicoanalisi.

Teilhard de Chardin del resto non ha nascosto, ma ha avuto modo di esprimere giudizi, anche se senza troppa enfasi, su una certa affinità con la sua visione dei nuovi ideali socialisti e si aggiunga che negli ultimi tempi nutriva interesse anche per i nuovi metodi conoscitivi rappresentati dalla psicoanalisi, di cui auspicava un allargamento di visione nel ricercare la direzione, ossia il senso, della specie:

«E allora rivolgendomi ai professionisti della psicoanalisi direi questo: fino ad oggi, e per buonissime ragioni, la vostra scienza si è occupata di far percepire all'individuo, nel profondo di sé stesso, impressioni dimenticate, complessi che una volta smascherati ed accettati, svaniscono alla luce del Sole. Tutto ciò va benissimo. Ma una volta compiuto questo lavoro di pulizia e di liquidazione, non è che ce ne sia da fare un altro più costruttivo e quindi più importante? Voglio dire, aiutare il soggetto a decodificare nelle zone ancora poco esplorate e chiarite di se stesso quelle grandi aspirazioni che sono: il senso di irreversibilità, di Cosmicità, il senso della Terra, il senso dell'Umanità. Operazione inversa alla precedente. Psicoanalizzare non per liberare ma per impegnare. Permettere l'introspezione non per dissipare i fantasmi, ma per dare consistenza, direzione e soddisfazione a certi grandi bisogni o chiamate che soffocano dentro di noi (e per le quali noi soffochiamo) se non tradotte e capite. In verità si tratta di una delicata e complicata opera di scoperta poiché in questo campo professore e studente, colui che dirige e chi è diretto, avanzano entrambi a tentoni: lavoro però molto fecondo poiché impegnato a discernere non più ciò che ci lega e ci appesantisce, ma le molle più segrete e più generose del dinamismo psichico che ci anima. Insomma fino ad oggi la psicoanalisi ha mostrato un interesse essenzialmente medico nel trattamento di forze e casi individuali. Al massimo si è occupata, in relazione a gruppi limitati (soprattutto a famiglie)... Non sarebbe venuto il momento per la psicoanalisi, attraverso lo studio in ogni uomo delle sue aspirazioni transindividuali, di impegnarsi nell'elaborazione di un'Energetica (una Psico-Energia) umana proporzionata e ad uso di un gruppo zoologico in via di totalizzazione planetaria?»

(Pierre Teilhard de Chardin L'attivazione dell'Energia umana, 1953)

La critica della famiglia

Tra i suoi vari interessi Teilhard de Chardin ha aggiunto anche le sue considerazioni sull'istituzione familiare che viene criticata non più nelle sue diverse forme ma come istituzione in sé, in quanto dal punto di vista della vita naturale, dell'evoluzione, ciò che è destinato a rimanere è la coppia, mentre la famiglia è stato solo un espediente della natura per "guadagnare tempo" in attesa di una maggiore maturazione della specie.

Questa posizione, ancora più radicalmente critica della famiglia di quegli stessi critici come Marx ed Engels, si basa non su considerazioni materialistiche ma sulla convinzione che per lo spirito e per l'evoluzione è evidente la superata essenzialità della stessa struttura sociale familiare.

Ciò dovrà comunque avvenire nei tempi lunghi dell'evoluzione che egli ritiene siano ormai prossimi a venire poiché si è già giunti alle soglie del trionfo dello spirito.

La visione evoluzionistica di Teilhard porta a ritenere che l'avvenire dell'evoluzione umana sia quindi quella di una maggiore socializzazione, e non, come in Max Stirner o Nietzsche, in uno sviluppo estremo dell'individualismo.

L'avvenire dell'evoluzione è dato dal fatto che più socializzazione corrisponde a meno alienazione, cioè in sostanza che l'essenza umana sta proprio nella sua natura relazionale, per cui l'uomo astratto non esiste, poiché l'essere umano è una relazione.

Ciò significa che in Teilhard lo spirito non è una fredda astrazione, ma è quella forza erotica con le stesse caratteristiche della forza gravitazionale descritta da Newton e poi da Albert Einstein, la quale unisce i tanti atomi umani in un'unica mente sociale, che, giunta ad una soglia critica, è in grado di determinare la fine della storia dell'universo. Quell'universo che, nato dal suo frammentarsi con il big bang, si è ricostituito infine in unità alla fine del mondo, con il ricercarsi vicendevole dei frammenti di sé.


Bibliografia

«Io non sono né un filosofo, né un teologo, ma uno studioso del 'fenomeno', un 'fisico' nel senso dei greci»

(Intervista a Teilhard de Chardin, "Nouvelles Littéraires", 11 gennaio 1951)

  • "La vita cosmica" (1916)
  • "Il mio universo" (1918)
  • "L'eterno femminino" (1918)
  • "La potenza spirituale della materia" (1919)
  • "Note sul progresso" (1920)
  • "Lo spirito della terra" (1931)
  • "L'energia umana" (1937)
  • "Il fenomeno umano" (1938-1940)
  • "Una interpretazione biologica plausibile della storia umana: la formazione della noosfera" (1947)
  • "Il posto dell'uomo nella natura" (1949)
  1. Un fenomeno di contro-evoluzione in biologia umana o la paura dell'esistenza.
  2. Il gruppo zoologico umano. Strutture e direzioni evolutive
  • "Sull'esistenza probabile, davanti a noi, di un "Oltre-umano". Riflessioni di un biologo" (1950)
  • "Riflessioni sull'Oltre-umano" (1950)
  • Il Dio dell'evoluzione (1952)
  • La riflessione dell'energia (1952)
  • Guardando un ciclotrone. Riflessioni sul ripiegamento su sé dell'energia umana (1953)
  • L'attivazione dell'energia umana (1953)
  • "L'apparizione dell'uomo" (1956)
  • "L'avvenire dell'uomo". (1959)
  • "Corrispondenza tra Maurice Blondel e Teilhard de Chardin" (1968)
  • "Convergere in alto: lettere a Leontine Zanta" (1969)
  • "Le direzioni dell'avvenire" (1973)

Ispirazioni teilhardiane presenti nel pensiero contemporaneo


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