Il risveglio del soggetto femminile

Da LogicaUnitaria.

"Il Pensiero Uno, avendo ormai, al livello della super-riflessione, percepito la propria essenza intersoggettiva, comincia ad interrogarsi su chi è l'altro soggetto nel quale si riflette riflettendo in se stesso.

E così si accorge che esso è la sua stessa potenzailità che, pur essendo un momento della unica dinamica riflessiva che egli è, è tuttavia un momento distinto dall'atto nel quale egli si era fino a quel momento identificato nella sua interità, come se la potenzialità fosse il se stesso che egli attuava nell'idea di sè, che così si oggettivava quale manifestazione dell'atto solamente; unico e singolare soggetto creatore di tutto l'esserci dell'Essere.

[...]

Avviene così che nella prima metà del XX secolo si afferma uno specifico pensiero delle donne che ha per suo oggetto proprio la donna relativamente alla sua natura, alla sua condizioen esistenziale e alla sua posizioen nel sociale.

Questo moviemnto di pensiero avevaperò avuto i suoi prodromi nel secolo precedente grazie a pensatrici isolate che cominciano a imporsi coem soggetti capaci di esprimere direttamente, e non più mediante il pensiero degli uomini, problemi, proposte e richieste dle mondo femminile.

Nascono così le prime teorizzazioni sui diritti delle donne; diritti civili e di cittadinanza: il diritto all'istruzione, il diritto al voto e il diritto all'accesso alle libere professioni."


(Silvia Montefoschi, "L'ultimo tratto di percorso del Pensiero Uno - Escursione nella filosofia del XX secolo",2006, pag. 277-278)


La tematica dell'intersoggettività tra uomo e donna

Virginia Woolf e l'intuizione dell'intersogettività tra uomo e donna

Virginia Woolf (Londra 1882 - 1941) scrittrice di romanzi e racconti.

Tuttavia sarà Virginia Woolf a rappresentare un vero novum storico nella lunag storia di questo moviemnto di emancipazione del soggetto femminile quindi un vero risveglio e un mutamento di qualità di un tale moviemnto di emancipazione.

"Virginia Woolf [...] approfondendo la riflessione su ciò che caratterizza il mondo femminile, nel modo di pensare, di sentire e di comportarsi nel sociale e che lo distingue dal mondo maschile, va oltre la rivendiczione dei diritti sociali da parte delle donne; rivendicazione che, se fine a se stessa, finirebbe con l'assimilare la donna all'uomo, perpetuando la millenaria negazione stessa della donna quale interlocutrice dell'uomo, proprio in quanto portatrice di un suo specifico modo di pensare.

Virgina Woolf, infatti non si fa ripetitrice di posizioni portate avanti dal pensiero maschile, cosa questa che ha caratterizzato lungo tutta la storia le pensatrici donne, ma, per la prima volta, nella storia appunto, riconosce nel pensiero femminile un elemento nuovo nell’universo del discorso e un fattore essenziale per trasformare la logica maschile del potere e della guerra.

(Silvia Montefoschi, "L'ultimo tratto di percorso del Pensiero Uno - Escursione nella filosofia del XX secolo",2006, pag. 279-280)

Simone de Beauvoir e l'esplicitazione dell'intersogettività tra uomo e donna

Simone de Beauvoir filosofa (Parigi 1908-1986)

Lo specifico femminile

Lo specifico femminile o il pensiero della differenza sessuale. Questa corrente di specificità femminile si esprime principalmente in tre autori rispetivamente come specificità sessuale (Luce Irigaray), specificità di ordine simbolico (Luisa Muraro) e specificità del pensiero (Adriana Cavarero).

Luce Irigaray

Luce Irigaray psicoanalista belga (1930)


Luisa Muraro

Luisa Muraro filosofa (1940)


Adriana Cavarero

Adriana Cavarero filosofa (1947)

Alla radice della questione femminista

Mary Daly

Mary Daly teologa statunitense (1928-2010)

« Una donna che chiedesse la parità nella Chiesa potrebbe essere paragonata a un nero che chiedesse la parità nel Ku Klux Klan »

(Mary Daly, "La Chiesa e il secondo sesso", prefazione alla 2ª edizione, 1975)

Biografia

Nata da una famiglia di origine irlandese e di religione cattolica, Mary Daly frequentò il College of Saint Rose e la Catholic University of America, laureandosi in Lingua inglese e in religione nel Saint Mary's College dell’Indiana. Intenzionata a studiare teologia, e poiché nessuna università degli Stati Uniti concedeva tale dottorato a una donna, si trasferì alla fine degli anni Cinquanta a Friburgo, in Svizzera, iscrivendosi nella locale Università statale.

«Straniera in una terra straniera, lì mi sentivo libera, mentre facevo ciò che avevo scelto di fare, in un posto apparentemente improbabile. Accumulavo lauree dottorali, la prima in teologia e la seconda in filosofia, mentre guadagnavo abbastanza denaro per sopravvivere dando lezioni di filosofia a studenti americani».[1] Ripensando dieci anni dopo all'esperienza di quegli anni, la Daly ne vedrà gli aspetti contraddittori rispetto allo sviluppo della sua formazione: «ascoltare lezioni in latino impartite da preti domenicani in lunghi abiti bianchi, le cui lezioni talvolta avevano più senso quando non si capiva la lingua [...] apprendere l'intensa disciplina intellettuale di una cultura già allora scomparsa dalla maggior parte della superficie del nostro pianeta [...] un'esperienza estatica di sette anni [...]».[2]

Nel gennaio 1965 la Daly aveva pubblicato, in seguito alla lettura di un articolo di un'intellettuale cattolica, Rosemary Lauer, insegnante di filosofia alla St. John’s University di New York, che rivolgeva critiche all'atteggiamento di chiusura paternalistica della Chiesa nei confronti delle donne, un articolo, A Built-in Bias (Un pregiudizio insito), nel quale riprendeva le sue considerazioni sul comportamento sessista della Chiesa, che aveva attirato su di lei l'attenzione di un editore londinese il quale le aveva proposto di scrivere un libro sull'argomento. Fu così che Mary Daly cominciò la stesura di The Church and the second sex.

Nell'autunno del 1965 si recò a Roma per assistere ad alcune sedute del Concilio Vaticano II: «C'era un esuberante senso di speranza. La maggior parte di noi pensava ciò significasse che c'era speranza per la chiesa». A San Pietro, seduta nel settore riservato alla stampa, osservò a distanza il gran numero di cardinali e vescovi, «uomini anziani in vesti color cremisi» e, in un altro settore, gli uditori, tra i quali «alcune donne cattoliche, per lo più suore con lunghe vesti nere e il capo velato. Il contrasto tra il portamento arrogante e l'abbigliamento vistoso di quei "principi della chiesa" e l'atteggiamento umile, dimesso e le vesti scure di quelle pochissime donne suscitava sgomento». Solo discorsi di uomini, «voci senili, fesse, lagnose»: le poche donne «sedevano docilmente, ascoltando la lettura in latino di documenti che né loro né i lettori sembravano comprendere». Il messaggio di quella scena «s'impresse profondamente nella mia coscienza a caratteri di fuoco. Nessun film di Fellini avrebbe potuto superare quell'involontaria autoparodia del cattolicesimo».[3]

Tornò a Friburgo e di qui negli Stati Uniti, per insegnare dal 1967 nel Boston College, un Istituto tenuto dai Gesuiti: The Church and the second sex fu pubblicato nel 1968, e quell'anno la direzione del College le mutò il rapporto di lavoro in un contratto a termine. Il licenziamento, avvenuto nel 1969, nel quale si ravvisarono le cause nel contenuto del suo libro, suscitò grandi proteste da parte degli studenti e un forte richiamo mediatico: nel contenzioso con l'amministrazione dell'Università la Daly ebbe l'impressione che si stesse svolgendo «una battaglia archetipa tra i principati e le potestà [...] sotto l'insidioso velo della segretezza si stava distruggendo la mia futura carriera di docente».[4] Inaspettatamente però, l'Istituto le offrì un nuovo contratto a tempo indeterminato.

La Daly trasse un personale insegnamento di carattere generale dalla vicenda: «i giudici del mio libro non avevano mai scritto un libro né capito il mio. Sedendo in giudizio per condannare il mio insegnamento, avevano però paura degli studenti che non sapevano che farsene del loro insegnamento [...] mi apparivano sempre più chiari gli stretti legami tra le strutture oppressive di una società patriarcale e la dinamica distruttiva che esse generano nelle loro vittime».[5]

Nel 1999 seguì un nuovo licenziamento, a causa del suo rifiuto di tenere lezioni in una classe mista: la Daly giustificava la sua volontà di tenere corsi in due classi separate sostenendo che l’efficacia dell’insegnamento tenuto in un'unica classe mista ne avrebbe risentito negativamente, ma la magistratura le diede torto.

Il femminismo radicale della Daly continua a esercitare una particolare influenza sul movimento e la teologia femminista.


Il pensiero e gli scritti

Ne La chiesa e il secondo sesso, titolo che richiama il titolo di un libro famoso di Simone de Beauvoir, la Daly sostiene che il cristianesimo ha contribuito a mantenere l’oppressione delle donne, e afferma la necessità che la Chiesa cattolica si rinnovi profondamente per superare la sua visione conservatrice della società e delle relazioni umane.

In una successiva edizione del libro, ha espresso la sua completa sfiducia nella possibilità che la Chiesa riveda sostanzialmente le sue posizioni. Il suo libro successivo, Beyond God the Father. Toward a Philosophy of Women’s Liberation (1973) rappresenta la fondazione di una teologia femminista che interpreta l’androcentrismo dell’ebraismo e del cristianesimo, affermando la tesi che la visione sessista della Chiesa sia connaturata alle sue premesse teologiche fondamentali: «Se Dio è maschio, allora il maschio è Dio».

I miti della creazione e della caduta narrati nel Genesi rappresentano l'espressione riflessa della subordinazione e dell'oppressione della donna vigente nella società patriarcale: che la donna Eva possa essere creata dall'uomo Adamo sarebbe in sé un puro controsenso logico, se non avesse la sua giustificazione ideologica nella volontà di affermare la priorità maschile, tanto quanto la responsabilità del peccato originale fatta ricadere primariamente su Eva è la volontà di indicare nella donna il «capro espiatorio primordiale», che legittima il disprezzo maschile nei confronti della donna e l'autosvalutazione di sé della donna a causa dell'introiezione del senso di colpa derivato.

Cacciate nella società patriarcale nel ruolo subordinato di serve dell'uomo, «le donne sono state condizionate a considerare riprovevole ogni atto che affermi il valore dell'ego femminile. L'ambizione femminile può passare solo quando viene diluita nell'ambizione vicaria tramite il maschio o per conto di valori patriarcali». [6] In quest'ultimo caso la donna è «buona», esprime valori positivi poiché mette al centro della propria vita il marito e i figli: altrimenti torna ad essere una scomoda figlia di Eva, un nemico, una donna ambigua e perversa che pretende di affermare la propria immagine uscendo dal suo ruolo di subordinazione.

Evadere dalla condizione di essere subordinato significa affermare il proprio potere: «le streghe furono persone realmente esistenti condannate dalla gerarchia ecclesiastica che si sentiva minacciata dal loro potere. Infatti potere è una parola chiave per capire perché furono scelte per questo orribile fato certe donne e non altre. Gli autori del Malleus Maleficarum asserirono che, tra le donne, le levatrici sorpassavano in malvagità tutte le altre. Come evidenzia Michelet, c'è ragione di credere che le levatrici e le guaritrici fossero grandemente temute dalla Chiesa perché il loro potere minacciava la supremazia del clero»


Bibliografia

  • Mary daly, "La Chiesa e il secondo sesso" , 1968
  • Mary daly, "Al di là di Dio padre. Verso una filosofia della liberazione delle donne"


Vedi anche i seguenti articoli correlati sulla figura della teologa Mary Daly

Silvia Montefoschi

Silvia Montefoschi biologa-psicoanalista (1926-2011)

Silvia Montefoschi riconobbe che se non avesse fallito sarebbe stata Mary Daly e non lei a dare esistenza per la prima volta e con la sua stessa persona al Dio Donna.

Tuttavia Dio Donna smise di essere solo una possibilità e si incarnò lo stesso malgrado che Mary Daly per poco avesse mancato il bersaglio arenandosi nella contrapposizione sterile all'altro Dio maschile. Rimane comunque a Mary Daly il merito di avere colto e trattato la questione femminista direttamente alla radice che è appunto la questione dell'immagine di Dio.



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